PABLO NERUDA - INSETTI


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Ai miei obblighi - Ode all'ancora

Neruda - le poesie

PRÓLOGO

A mis obligaciones

Cumpliendo con mi oficio
piedra con piedra, pluma a pluma,
pasa el invierno y deja
sitios abandonados,
habitaciones muertas:
yo trabajo y trabajo,
debo substituir
tantos olvidos,
llenar de pan las tinieblas,
fundar otra vez la esperanza.

No es para mí sino el polvo,
la lluvia cruel de la estación,
no me reservo nada
sino todo el espacio
y allí trabajar, trabajar,
manifestar la primavera.

A todos tengo que dar algo
cada semana y cada día,
un regalo de color azul,
un pétalo frío del bosque,
y ya de mañana estoy vivo
mientras los otros se sumergen
en la pereza, en el amor,
yo estoy limpiando mi campana,
mi corazón, mis herramientas.

Tengo rocío para todos.

Oda al ancla

Estuvo allí, un pesado
fragmento fugitivo,
cuando murió la nave
la dejaron
allí, sobre la arena,
ella no tiene muerte:
polvo de sal en su esqueleto,
tiempo en la cruz de su esperanza,
se fue oxidando como la herradura
lejos de su caballo,
cayó el olvido en su soberanía.

La bondad de un amigo
la levantó de la perdida arena
y creyó de repente
que el temblor de un navio
la esperaba,
que cadenas sonoras
la esperaban
y a la ola infinita,
al trueno de los mares volvería.

Atrás quedó la luz de Antofagasta,
ella iba por los mares pero herida,
no iba atada a la proa,
no resbalaba por el agua amarga.
Iba, herida y dormida
pasajera,
iba hacia el Sur, errante
pero muerta,
no sentía su sangre,
su corriente,
no palpitaba al beso del abismo.

Y al fin en San Antonio
bajó, subió colinas,
corrió un camión con ella,
era en el mes de octubre, y orgullosa
cruzó sin penetrarse
el río,
el reino de la primavera,
el caudaloso aroma
que se ciñe a la costa
como la red sutil de la fragancia,
como el vestido claro de la vida.
En mi jardín reposa
de las navegaciones
frente al perdido océano
que cortó como espada,
y poco a poco las enredaderas
subirán su frescura
por los brazos de hierro,
y alguna vez florecerán claveles
en su sueño terrestre,
porque llegó para dormir
y ya no puedo restituirla al mar.

Ya no navegará nave ninguna.

Ya no anclará sino en mis duros sueños.

Prologo

Ai miei obblighi

Compiendo il mio mestiere
pietra con pietra, penna a penna,
passa l’inverno e lascia
luoghi abbandonati,
abitazioni morte:
io lavoro e lavoro,
devo sostituire
tante dimenticanze,
riempire di pane le tenebre,
fondare di nuovo la speranza.

Non è per me altro che la polvere,
la pioggia crudele della stagione,
non mi riservo niente
ma tutto lo spazio
e lì lavorare, lavorare,
manifestare la primavera.

A tutti devo dar qualcosa
ogni settimana e ogni giorno,
un regalo di colore azzurro,
un petalo freddo del bosco,
e già di mattina sono vivo
mentre gli altri si immergono
nella pigrizia, nell’amore,
e sto pulendo la mia campana,
il mio cuore, i miei utensili.

Ho rugiada per tutti.

ODE ALL’ANCORA

Stava lì, un pesante
frammento fuggitivo,
quando morì la nave
la gettarono
lì, sopra la sabbia,
essa non ha morte:
polvere di sale sul suo scheletro,
tempo nella croce della sua speranza,
si stava ossidando come il ferro di cavallo
lontano del suo cavallo,
cadde l’oblio sulla sua sovranità.

La bontà di un amico
la alzò dalla perduta sabbia
e credette all’improvviso
che il tremore di una nave
la aspettasse,
che catene sonore
la aspettassero
e un’onda infinta,
al tuono dei mari ritornasse.

Un tempo si fermò alla luce di Antofagasta,
essa andava per i mari ma ferita,
non era legata alla prua,
non scivolava per l’acqua amara.
Andava, ferita e addormentata
passeggera,
andava verso il Sud, errante
ma morta,
non usciva il suo sangue,
il suo flusso,
non palpitava al bacio dell’abisso.

E infine a San Antonio
cadde, salì colline,
viaggiò un camion con lei,
era nel mese di ottobre, e orgogliosa
passò senza immergersi
il fiume,
il regno della primavera,
il portentoso aroma
che si adatta alla costa,
come la rete sottile della fragranza,
come il vestito chiaro della vita.
Nel mio giardino riposa
dalle navigazioni
davanti allo sterminato oceano
che tagliò come spada,
e a poco a poco i rampicanti
porteranno la loro freschezza
per le braccia di ferro,
e qualche volta fioriranno garofani
sul suo sonno terrestre,
perché arrivò per dormire
e ora non posso restituirla al mare.

Ora non navigherà nessuna nave.

Ma ancorerà nei miei duri sogni.


Sito internet di Antonio Giannotti - (12) aggiornamento 14/04/2007 | postmaster@antoniogiannotti.it

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