LETTERE CIVICHE
(1937-1973)
[Al ministro di RR.EE. del Cile]
[AL MINISTRO DE RR.EE. DE CHILE.] (Pagine 984-988.) Inedita. Recuperata da Edmundo Olivares nell'archivio della Fundación Neruda. Secondo le mie informazioni, il ministro delle Relazioni Esterne del Cile, non nominato nella lettera, al 3.8.1937 era José Ramón Gutiérrez Alliende, successore di Miguel Cruchaga Tocornal che l'era stato fino a maggio. – Es verdad /…/ que como escritor no soy el autor de "Juan Esparragitito" /…/ Allusione ironica ad Agustín Edwards MacCIure, rappresentante diplomatico cileno a Londra (menzionato più sopra) ed autore dei volume Cuchicheos de mi abuelo. Aventuras de Juan Esparraguito o el niño casi legumbre, Parigi, Stamperia del Maestro-Stampatore R. Coulouma, 1930, 147 pp.
Legazione del Cile
Parigi, 3 agosto del 1937
Sig. Ministro [Cruchaga Tocornal o Gutiérrez Alliende]:
Ho l'onore di rivolgermi a Voi rispetto ai discorsi che sono arrivati a quel Ministero su supposte attività politiche del funzionario che sottoscrive.
Ci sono già molte dimostrazioni negli archivi del mio stile burocratico: mi sono diretto sempre in quello stile per ogni questione di servizio. Mi permetta di usare per una volta un tono più confidenziale, più personale, più sincero.
Devo dire naturalmente che non espressi mai opinioni sulla crisi spagnola mentre stetti in Spagna con una rappresentazione del nostro Governo. Solo quando per ordine di quel Ministero si chiuse il nostro Consolato Generale, e dovetti abbandonare la Spagna, quando aspettavo da molti mesi un nuovo destino consolare, al quale continuo ad avere perfetto diritto dopo dieci anni di servizi irreprensibili, quando lo stesso fatto di non ricevere per lungo tempo uno stipendio ufficiale mi dava diritto ad una certa libertà di azione, ho alzato la mia voce, con perfetta coscienza, nell'accordo più assoluto con la mia intelligenza ed il mio cuore, in difesa del popolo spagnolo massacrato con bestialità unica nella storia del mondo da un mucchio di rinnegati in compagnia di africani selvaggi e di strangolatori senza anima.
Questo è il mio peccato del quale sono orgoglioso.
Pubblicamente, e prima di me, il nostro rappresentante a Londra, usando o abusando del suo momentaneo carico di presidente del Consiglio della L. delle N. [Lega delle Nazioni] non aveva occultato la sua appassionata adesione alle forze more e tedesche che stanno oggi civilizzando e cristianizzando la Spagna; questo criterio politico, manifestato con rudezza dal signor Edwards in dibattiti di enorme trascendenza, non hanno motivato, che io sappia, né l'abbandono per le strade di Londra del signor Edwards e famiglia, e neppure una petizione di abbandonare quella capitale o rinunciare al suo incarico, come io l'ho ricevuta.
Non mi spiego questa differenza di trattamento che non voglio chiamare parzialità, poiché il nostro Ministero di Relazioni Esterni è o deve essere lontano di ogni benevolenza o avversione gratuita. È vero che come funzionario sono modesto titolare di un Consolato di Elezione, che come scrittore non sono l'autore di Juan Esparraguito, e che sebbene si sono depositati alte fiducie nella mia umile persona non mi sono sdebitato mai come esecutore testamentario.
Ultimamente, per potere aggravare il mio caso davanti a quel Ministero, sono riusciti ad ottenere della Polizia di Parigi una subornata relazione con tanta grossolana inezia, con tanta stupida calunnia che mi dà vere nausee il dovere rispondere a loro.
Risponderò tuttavia. Mi è fatto il carico assurdo di vedere tutti i giorni lo scrittore sovietico Ehrenburg. Rispondo la cosa seguente: conosco appena, di presentazione, al signore Ehrenburg. Non l'ho visitato mai. Non mi ha visitato mai. Non ci siamo trovati mai per niente. Non ho parlato mai più di due minuti col Sig.. Ehrenburg.
Non considero un crimine, bensì piuttosto un onore frequentare lo scrittore Ehrenburg, ma il fatto è quello: NON LO FREQUENTO.
Un'altra imputazione: che sono comunista. Non considero un crimine che qualcuno sia comunista. Non posso ribassare il mio criterio fino a farlo coincidere con quello di chiunque bigotto che giudica i movimenti sociali. Ma neanche sono comunista, né appartengo a nessun partito.
Sono antifascista. Ma non lo è Lei, signore Ministro? Non possiamo dimenticare che il fascismo è fuori legge nel nostro paese.
Poco fa mi toccava scrivere al mio collega di lettere e lavoro, il poeta don Jorge Carrera Andrade, console dell'Ecuador in Le Havre, per consigliargli che non rendesse pubbliche le sue opinioni nella crisi spagnola, poiché io ho dovuto soffrire tanto per questa causa. Intendiamoci, non è che rinnegassi le mie chiare opinioni, ma gli dicevo amichevolmente: "Amico, pensi bene quello che fa."
Mi rispose con una lettera della quale copio alcuni paragrafi: «Non mi preoccupa quello che il Governo del mio paese pensa su certi problemi sociali o politici, di fronte ai quali da molto tempo ho preso una posizione molto definita. Innanzitutto sono un militante del mondo nuovo, libero delle mostruose ingiustizie sociali e di quella peste moderna che è il fascismo. Io non occulto la mia posizione politica. Frequentemente scrivo nella stampa del mio paese su temi di attualità. Ho dato pubblicamente la mia adesione al Fronte Popolare e, nonostante quello, il Governo del mio paese continua a conservarmi ogni tipo di considerazione. Pochi giorni fa mi ha appenanominato Console Generale in Yokohama».
Ebbene, come nobilmente procede il governo di quella piccola repubblica rispetto a questo funzionario eccellente, scrittore eccellente, uomo eccellente. Tuttavia la piccola Repubblica non ha fama, come quella nostra, di legalità, di giustizia, di progresso e democratica.
Ritornando alla nostra relazione poliziesca, posso dire che nonostante l'enorme corruzione della polizia di Parigi, non credo che mi fosse difficile ottenere di lei un'investigazione che smentisse tutte quelle sciocchezze: ma non voglio trascinare un Console del Cile, uno scrittore cileno di un certo prestigio, a rinfacciare l'immondizia poliziesca. Per il prestigio del Cile non voglio già essere più discusso dagli Álvarez Salamanca di questa capitale. Ma le dico, signor Ministro, non come subordinato, bensì come uomo, la cosa seguente: CREDA ALL'UOMO CHE PER DIECI ANNI NEI CLIMI PIÙ ATROCI, CON UN STIPENDIO MISERABILE E MOLTE VOLTE SENZA ESSO, LÌ DOVE MOLTI DEI I RAPPRESENTANTI CONSOLARI DEL CILE SI SONO VENDUTI E HANNO TRADITO LA RAPPRESENZA CHE LA NOSTRA PATRIA HA AFFIDATO LORO, CREDA A QUELLO CHE È STATO ONESTO, MODESTO E CHE COL SUO PRESTIGIO E LA SUA POVERTÀ HA ONORATO IL NOSTRO PAESE. SCELGA, SIGNORE MINISTRO, TRA LA VOCE DI UN UOMO PURO E LA VOCE VILE, FANGOSA E TORBIDA DELLA CALUNNIA.
Per finire, ho l'onore di citare a Lei gli ultimi onori internazionali che ho ricevuto, e che spero ricadano sul mio paese tanto caro:
1. Il PEN Club del Cile mi ha scelto membro di onore della sua direttivo, e mi ha affidato la sua rappresenza nel gran Congresso Internazionale della Società.
2. Questo stesso gruppo vuole inaugurare la sua casa editrice con un volume delle mie opere.
3. Il Congresso di Scrittori del Messico, celebrato nell'ultimo gennaio, ha deciso di pubblicare alcuni opere che considerano "classiche dentro la moderna nostra letteratura: tra esse le opere di Rómulo Gallegos e Pablo Neruda".
4. Il Congresso delle Nazioni Americane, presieduto per il duca di Broglie e Gabriel Hanotaux, mi invita a partecipare come Ospite di Onore alle sue sessioni, e retribuisce ampiamente il mio modesto intervento.
5. La Società di Scrittori del Cile, nel suo ultimo Congresso, mi iscrive nel suo Praesidium di Onore.
6. La Società Internazionale "Paz y Democracia" sceglie nella sua prima assemblea di Parigi il seguente Consiglio Esecutivo: Thomas Mann, Paul Langevin, José Gaos, H.G. Wells, Pablo Neruda, Guglielmo Ferrero.
7. Mi si chiede dal Cile ed a Parigi che assuma la rappresenza dell'intellettualità cilena davanti all'antica e prestigiosa SOCIÉTÉ DE GENS DE LETTRES.
Molti altri onori ho ricevuto durante il mio soggiorno in Europa. Senza miglioramenti economici, senza approdare, senza adulare, quasi senza desiderarlo, la mia piccola personalità ha oltrepassato la cornice della nostra patria e del nostro continente.
Con orgoglio ho messo il prestigio che mi hanno voluto concedere, al servizio momentaneo di un povero e grande paese assaltato da un gruppo di banditi; ma sempre e durevolmente le mie azioni ed il prestigio che le avvolge saranno al servizio della mia patria.
È tutto quello che dovevo dire.
Dio Vi conservi
Pablo Neruda
[Al ministro Ortega]
[AL MINISTRO ORTEGA Y AL DOCTOR CALVO.] (Pagine 988-992.) Inedite. Recuperate da Edmundo Olivares nell'archivio della Fundación Neruda. Entrambe le lettere hanno a che vedere con l'operazione Winnipeg. Notare come Neruda insiste nell’essere nominato Addetto all’Immigrazione per poter agire con maggiore autonomia e resistere alle manovre ostili di alcuni membri dell'ambasciata cilena in Francia. - /... / Arellano Marín estaría magnífico /... / cfr. CHV," Un personaje diabolico" (in questo stesso volume, pp. 551-554). -Nella lettera al dottore Calvo, notare la capacità organizzativa e l’attenzione ai dettagli dell'impresa.
Sig. Don Abraham Ortega
Ministro di Relazioni Esterne
Santiago del Cile
Vapore Campana, 19 aprile, 1939
Sig. Ministro e stimato amico:
Gli scrivo la notte prima di arrivare a Río, cioè prima di fare il salto verso l'Europa.
Sono contento del mio lavoro in Río de la Plata. Ho rinnovato il concetto di aiuto alla Spagna, traducendolo nelle possibilità di trasferimento in Cile ed in altri paesi degli emigrati spagnoli, senza promettere troppo, e facendo presente le critiche circostanze del nostro paese. Quello che possiamo fare avrà, dunque, doppio carattere di azione ponderata e di profitto politico, poiché la nostra capacità di immigrazione si riempirà con la gente più utile (così spero), ed avremo compiuto il dovere che c'impongono non solo le masse popolari cilene bensì tutto il continente. Questo posso dirlo per quanto ho visto in Argentina.
Di quanto ho fatto il più importante mi sembra il seguente: mi sono messo in comunicazione con gli antichi delegati del Governo Basco a Buenos Aires, ed ho conseguito quasi la loro approvazione per il viaggio in Cile dei pescatori di questa nazionalità che stanno in Francia, e che costituiscono una flotta peschereccia unica nel mondo per la sua capacità tecnica e per la qualità dei suoi uomini. Inoltre hanno piani di costruzione, e proposte straniere, per barche da pesca, che si farebbero in Cile. Questa gente è il più serio che ho. Avevano una proposta del Governo del Venezuela, ma le mie conversazioni hanno raggiunto gran successo pertanto mi rimane solo di determinare le condizioni col presidente basco Aguirre, a Parigi. S.E. il Presidente, Don Pedro Aguirre mi ha incaricato specialmente di portare pescatori e gente basca, e vedi già Lei, Ministro, come bene si presentano le cose.
In generale mi si è ricevuto magnificamente in tutti i circoli, e spero che altrettanto mi accadrà in Francia.
Per questo fine è bene che si ufficializzi per quanto possibile la mia situazione, designandomi non associato culturale, che suona ad oziosità, bensì Addetto di Immigrazione. Pertanto lo pregherei di comunicare, se Lei è d’accordo con questo al Consolato Generale a Parigi, affinché questo comunichi a tutti gli altri che io sono la persona che deve decidere sui casi di spagnoli che si vadano presentando, e che devono essere inviati, per questo, al mio prossimo ufficio, nella Legazione. Mi interessa questo specialmente, perché so che alcuni consoli in Francia stanno ostacolando materie completamente chiare. Questo si riferisce alle facoltà che anteriormente le ho chiesto nella mia lettera di Buenos Aires.
Sarebbe anche molto necessario che mi fossi assegnato un segretario per il mio lavoro che è molto lungo e difficile: Arellano Marín sarebbe magnifico, se già non è stato destinato. In caso contrario, qualcuno di carriera, il lavoro è troppo per uno nuovo.
Le mie spettanze non riuscirono ad arrivarmi a Buenos Aires. Aspetto i miei stipendi a Parigi. Magari telegraficamente arriva il mio primo denaro, prima di me, per potere installarmi nell’hotel e cominciare la mia missione.
Lo saluta rispettosamente il suo affezionatissimo amico e SS.
Pablo Neruda
[Al dottor José Manuel Calvo]
Al dottor José Manuel Calvo
Segretario generale del Comitato Cileno di
Aiuto ai Rifugiati Spagnoli
Parigi, 19 giugno del 1939
Caro Calvo
Ho ricevuto tutte le tue lettere. Abbiamo un lavoro immenso con l'organizzazione del primo imbarco. Le cose di cui sono incaricato le facciamo. Rispondere è un'altra cosa: manca il tempo e, quello che è peggio, denaro. Nella Legazione si rifiutano di affrancare le mie lettere ed una lettera per aereocosta trenta o più franci. Tutti i tuoi consigliati sono stati soddisfatti. Azofra va presto in Cile. I Valle-Inclán si sono imbarcati con questa data nella Reina del Pacífico. La ragazza è abbastanza discola, e ha ereditato il carattere difficilissimo di suo padre. Jaime, l'uomo, è un ragazzo di gran talento. Dovete andare aa aspettrarli a Valparaíso e presentarli a Rudecindo Ortega. Ciutat andrà presto in Cile. L'altro segnalato da Carlos non ci risponde ancora.
PRIMO IMBARCO. - Prepariamo attivamente la partenza del Winnipeg con milleottocento rifugiati che uscirà qui nel mese che viene. Andranno i mille uomini i cui biglietti sono pagati dalla FOARE, 15 telegrafisti, 50 maestri, 50 intellettuali (medici, pittori, professori universitari, scrittori), 130 bambini, ed operai e contadini di tutte le classi. Fra alcuni giorni ti invierò una lista completa della gente che va e delle sue professioni, lista che non ricevo ancora dagli organismi spagnoli.
IMPORTANTE. - Ci sono due grandi difficoltà, per le quali mi sembra che debba riunirsi il Fronte Popolare. Primo, la vita impossibile che mi fanno gli imboscati della Missione. Su questo ho rimesso copia della mia lettera confidenziale al Ministro, a Roberto Aldunate, nella posta precedente, lettera che dà i dettagli di questa situazione incomprensibile. Nella Legazione gareggiano a chi fa più porcherie a me o gli spagnoli. Secondo, trattando dell'emissione dei diritti di visto per il contingente, il Ministro ha detto a Soriano che io non ero autorizzato se non per mandare poche persone in Cile. Questo rivela una incomprensione del problema. Io non sono venuto a tentare di aiutare i miei amici, ciò che sarebbe assurdo, bensì a scegliere i migliori che ci siano nei settori. Ma precisamente le spedizioni individuali ostacolano questa missione, gli imbarchi si fanno colla più assoluta selezione dal punto di vista produttivo e dal punto di vista politico. Le mille persone i cui biglietti sono pagati dalla FOARE saranno altrettanto controllati e molte di esse non potranno uscire di qui, poiché selezioniamo con massimo rigore. Deve esigersi del Governo l'accettazione dei miei lavori di emigrazione e degli imbarchi collettivi, e si deve lasciare da parte quella politica di leziosità che ci ha caratterizzati fino ad ora. Ti racconterò che il mio criterio e la mia esistenza di immigrazione ha influenzato tutto quello che faceva il Messico, e questo si orienta ora con le indicazioni che io ho fatto. (Questo non è per il pubblico). Per esempio io mi sono negato l'entrata di anarchici, il Messico li riceveva fino a poco fa ed ora non sa che cosa fare.
L'altro tema è quello dei visti. Un visto per il Cile vale circa duecentocinquanta franchi. Il governo cileno deve rinunciare, negli imbarchi collettivi e ancora nei particolari, a questi diritti abusivi. In questo imbarco questi diritti equivalgono ad una somma di trecentomila franchi, che significherebbe la vita per centinaia di rifugiati. Questo punto l'ho esposto molte volte nelle sette relazioni che ho diretto al Ministero. Fino ad oggi non ho risposta. Questo deve essere un accordo del Fronte Popolare, riscuotere da loro il visto mi sembra ripugnante. Il visto deve essere rimpiazzato da un manuale da immigrante che io posso fare stampare senza costo alcuno per il Governo, e timbrato e firmato da me. Ti prego rispondimi su questi temi in maniera urgente. E se ci sono risoluzioni che mi sia comunicato. Di a Carlos che gli ho scritto varie volte e non ho ricevuto risposta. Ti prego cerca Barrenechea e digli che ancora non ho ricevuto la conferma dalla Caja de Colonización, e ti prego rispondimi tu, cablograficamente, se posso mandare le quaranta famiglie contadine che quella Caja mi ha promesso ricevere come coloni. Perciò, il vostro lavoro è tanto importante come il mio, fino alla data non ho fatto nessuna dichia- [Qui si interrompe il testo.]
[Al dottor Eduardo Cruz-Coke]
[AL DOCTOR CRUZ-COKE.] (Pagine 992-995.) Pubblicata dal settimanale Qué Hubo, núm. 41, Santiago, 6.4.1940.
Sig. Cruz-Coke
Presente
Santiago, 3 aprile del 1940
Mio distinto amico:
A molti cileni preoccupa da tempo, tanto la sua attività come quella che si agita dietro di lei.
La sua attività e la sua inattività, la sua incidenza e la sua prescindenza. Quegli atteggiamenti usciti del suo paziente sforzo e della sua coltivata scienza, e per le quali lei è uscito dalle sue caselle, ha parlato ed agito. E quelle, più inquietanti, nelle quali lei torna alle sue caselle, ed al silenzio della sua coltivata coscienza.
La sua imponderabile scienza tocca tutti i grammi della celeste rete che portò al mondo Federico García Lorca. La sua sognatrice coscienza lo mantiene in silenzio dopo il momento terribile. Questo equilibrio meraviglioso che solo la sua alta cultura e la sua tenacia singolare nel delicato hanno fatto sopportabile questa posizione tanto difficile, finisce per rompersi.
Io ricordo la sua ammirabile lotta per la medicina preventiva. Lei era circondato dall'immortale egoismo dell'uomo. Lei stava tentando di strappare, con tutti i mezzi del suo poderoso spirito una goccia di pietà dalle più indurite circostanze. Lei era circondato dei suoi nemici: i vecchi commercianti di schiavi, i violenti feudatari del Cile. Contro essi, lottando fino alla disperazione, lei strappò questa legge tanto onesta e tanto rispettabile. Era patetico guardare la sua sagoma magra e nervosa lottare contro l'egemonia degli impassibili. In quello tempo lei mi parlò della sua lotta. Ogni concessione da lei strappata era una vittoria grande per il suo spirito solitario. Lei mi confessò che nelle destre stavano i suoi nemici e che era duro il momento critico.
Questo già tempo fa. La mia patria ha visto ritirarsi, sterminarsi, l'incubo politico di tanti anni. Un lavoro vivo verso la libertà, un lavoro sovraumano tolse il potere esecutivo delle mani feudali. Un gran sorriso illuminò gli stracci del Cile. Allora comincia ancora un'era più ostinata che la passata. Le destre si organizzano, e danno al paese un nuovo tipo di incubo. Una cospirazione costante, una brutta volontà risentita ed insolente, un'agitazione lavorata con tutto il denaro dei poderosi affinché il governo del paese non compia il suo destino.
Ed ora lei si siede tra loro. Nelle sessioni dei delegati negrieri, del latifondo coloniale e dell'impresa rapace e dura, lei si siede, non con persone della sua dignità intellettuale, bensì coi genitori terribili che nascondono la frusta per frustare il figlio del paese.
È questo la fine della sua corsa o principio del cammino? Vorremmo saperlo. Conosciamo la preparazione oscura che vive alle sue spalle, e cominciamo a dubitare della sua saggezza.
Ha lei consapevolezza del danno? Comprenda lei che non li dirige, ma si arrende, sempre di più, totalmente? L'alta classe cilena, senza rotta grazie al fallimento dei suoi uomini ha bisogno di un Marañón. Va lei a riempire quella carta? Va lei a lasciare le sue cattedre in maniera definitiva, i suoi ospedali e le sue cliniche per lottare contro il suo paese? In questa lotta senatoriale in cui è lei il candidato del Club dell'Unione, ha avuto lei una frase poco briosa. Ha detto che avrebbe preferito avere un avversario di maggior rilievo. Lei si riferiva a Massimo Venegas a chi conosco, e che è anche il mio candidato. Si chiama Massimo Venegas oggi. Domani può chiamarsi Juan Pérez o Juan Ramírez; non ci importa. Sono i nomi del popolo. Sono gli uomini che quasi nessuno conosce, non di un'elite, bensì di un'immensa famiglia popolare che vuole attuare senza intermediari a nome di diritti che non furono mai rispettati prima.
Succede il contrario, qui, nel suo caso. Lei è un uomo ed un uomo individuato per la sua qualità. Conservatori e liberali danno mano al suo nome, ed in lei rimarranno le orme di quelle mani. Sono mani antiche che molte volte hanno lasciato orme di sangue. Oggi prendono la sua figura che nel passato c'è sembrati angelica per metterla come una maschera dietro la quale le forze infernali possano agire a piacere. Richiamo forze infernali che lei ben conosce: l'oppressione capitalista e l'ingiustizia sociale!
Sta vivendo il Cile un'ora crepuscolare di nascita. Il governo popolare comincia ad alzare una struttura grandiosa, e le prime pietre ricevono la furia del nemico sociale. In questa vera rivoluzione abbiamo visto trionfare senza odio e continuare senza violenza. Non ha voluto il nostro paese sterminare i suoi nemici. Mentre le destre preparano la guerra civile che può essere terribile, i nostri continuano la loro costruzione pacifica. Non potrei dirgli, "si ritiri della politica." Questo è stato il proverbio obbligatorio della critica letteraria conservatrice diretta alla mia persona e tutti gli intellettuali. Dietro questo consiglio c'è un'ombra, e dietro questa ombra le cose sono come: lo sfruttamento dell'uomo per l'uomo, ed il desiderio che l'intellettuale non guardi, non veda né si esprima.
Gli dico invece: “si ritiri della brutta politica."
Quale è la brutta politica?
C'è su questo una piccola storia recente. C'è un paesino in Cile chiamato Los Sauces. Ci non fu mai lì libertà di espressione né si permise alla gente di votare per un altro candidato che quello dei feroci signori che terrorizzavano la regione. Nell'ultima elezione presidenziale non ci fu lì né un solo voto di Sinistra, dovuto alla durezza selvaggia mantenuta dal partito che lei desidera rappresentare nel Senato. La terra di Los Sauces conserva molti morti che vollero contraddire il signore Smitsman. Perché bene in queste elezioni 350 uomini parlarono per la prima volta, votarono per la prima volta, uscirono per volta prima dalla categoria di bestiame bastonato. La luce è arrivata a Los Sauces.
Quella era la brutta politica: la crudeltà sanguinaria, il bastone, il laccio, l'oscurantismo coloniale. La politica conservatrice: violenza e sterminio coperti con un'onda di lusso della capitale. L'ordine politico dedito alla durezza ed al bastone del carabiniere. Se lei odia questa politica lei rimanga onestamente da parte per lasciar utilizzare il suo nome in una tappa ulteriore di questa lunga lotta del Cile.
È troppo tardi per chiederle di ritirare il suo nome dal cartello elettorale. Ma domani, dopo la sua sconfitta, dopo la nostra vittoria, voglio chiedergli, questa volta, un lungo tempo di coscienza, che possa fermarlo ed allontanarlo dalla sinistra strada in cui lei sta affrontando il paese circondato dai mercanti.
Pablo Neruda
[Al direttore del quotidiano "La Hora"]
[AL DIRECTOR DEL DIARIO "LA HORA".] (Pagine 995-997.) Pubblicata in La Hora, Santiago, il 18.7.1940. - /... / un pintoresco incidente /... / Braulio Arenas, poeta della gruppo Mandrágora, con gesto isterico aveva strappato a Neruda i fogli con appunti e poemi che leggeva nel Salone di Onore dell'Università del Cile, durante l'atto di addio al fiammante console in Messico. - /... / un aumento en la venta de las oobras completas del señor Larenas. Come abbiamo visto già in altri casi, Neruda deforma deliberatamente il cognome del suo nemico )Arenas) per esprimergli giocosamente il suo disprezzo.
Al Direttore di La Hora
Santiago. Cile.
A bordo dello Yasukuni Maru, 24 Luglio 1940
Le preoccupazioni del mio viaggio mi impedirono, signore Direttore, di scriverle prima sopra alcuni fatti derivati da un pittoresco incidente provocato per una lettura del mio nuovo libro Canto general de Chile nella Università, da un impiegato della Municipalità.
Questo signore ha chiarito poco dopo la sua attuazione con dichiarazioni pomposamente riprodotte dai giornali, attribuendo il suo atteggiamento di promotore dell'incidente al fatto che, per colpa mia, non si vendono i suoi libri. È deplorevole il fatto in sé stesso, per la perdita che rappresenta per la cultura cilena questi libri non venduti ed è conseguenza naturale che i suoi autori promuovano ogni tipo di incidente tendenti al rialzo della vendita.
In quanto alle imputazioni sulla resa dei conti dei denari erogati per aiuti al paese spagnolo durante la sua eroica lotta, il Comité che percepì i fondi e l'ex Ambasciatore della Repubblica, Don Rodrigo Soriano, hanno pubblicato sui suoi quotidiani chiarimenti che mi lasciano totalmente da parte del maneggio, invio o distribuzione di questi fondi, amministrati dalle entità responsabili. Naturalmente, questo pseudo-carico implica anche, con sicurezza, un aumento nella vendita delle opere complete del signor Larenas.
Voglio ringraziare lei, signor Direttore, per la cavalleria che significa il non avere accolto nelle sue colonne questa piccola e velenosa campagna letteraria, ed avere dato pubblicità ai chiarimenti dell'Ambasciatore Soriano e del presidente del Comité di Ayuda al Pueblo Español.
Altri quotidiani – El Imparcial, La Nación, El Mercurio e la rivista Ercilla -, non mistificarono solo i fatti per approfittare politicamente di questo ridicolo incidente, ma si rifiutarono di pubblicare le rispettabili dichiarazioni di Rodrigo Soriano e del Comité.
Da El Imparcial ed El Mercurio può aspettarsi solo tale atteggiamento. Niente, nessuna bassezza può esser loro indifferente. DeLa Nación, per comprendere il suo atteggiamento, basta sapere che un mese fa firmai, con Julio Barrenechea ed altri scrittori, una petizione al Dirigente del Fronte Popolare affinché si cambi la Direzione e la Redazione di quel quotidiano, nemici imboscati del nostro Governo Popolare.
La rivista Ercilla, diretta da un peruviano, è di sempre la stessa. La stessa che giorni prima delle elezioni presidenziali pubblicò un paragrafo, scritto dieci anni prima da Carlos Vicuña [Fuentes], contro Pedro Aguirre Cerda. La stessa che macchiò le sue colonne coi concetti velenosi di Ariosto Herrera sul generale in capo del nostro esercito. Questa rivista, ben diretta, vuole macchiare in tutto il mondo il Cile. Continuiamo a dare un esempio di tolleranza, e continuiamo ad organizzare festival in onore di quegli esiliato peruviani, che "tecnicamente" ridono di noi.
Signor Direttore: queste campagne letterarie, accompagnate da elementi dubbiosi della politica e del giornalismo, si vengono ripetendo da anni contro di me. Chi non ricorda le famose accuse di plagio, la campagna di "Irisol" su El Imparcial, sulle innumerevoli riviste letterarie che hanno quasi per oggetto esclusivo denigrarmi?
Lo capisco.
Sono disposto a vendicarmi in forma terribile: continuerò a scrivere, continuerò ad accumulare la mia opera in maniera implacabile. Continueranno a pubblicarsi i miei libri, come fino ad oggi, a Santiago, Buenos Aires, Messico, Parigi, Mosca. E forse nella Spagna recuperata gireranno i soldati repubblicani a fabbricare la carta ed a stampare i miei libri. E continueranno i miei libri scritti nell'infanzia, a ripetere e ripetere le loro edizioni, perché essi conservarono, tra le loro informi righe, qualcosa dell'anima collettiva di quei giorni, ed i miei nuovi libri, la mia nuova poesia, continueranno a scavare le viscere del mistero ed a dare nuova luce e nuova ombra agli anni che mi toccha vivere.
Lo saluta molto distintamente.
Pablo Neruda
[Al cancelliere Horacio Walker]
[AL CANCILLER HORACIO WALKER.] (Pagine 997-998.) Pubblicata in Democracia, Santiago, il 22.4.1950. Il governo di González Videla cercò di usare Maruca Hagenaar come via per combattere Neruda ed ottenere la sua estradizione.
Sig. Don Horacio Walker
Ministro di Relazioni Esterne
Santiago del Cile
Messico, D.F., 4 aprile del 1950
Sig. Ministro e distinto amico:
Ho appena ricevuto ritagli della stampa italiana che contengono una dichiarazione dall'Ambasciata del Cile gravemente diffamatoria per la mia persona.
Questa dichiarazione si riferisce ad una supposta accusa di bigamia che avrebbe avviato la mia divorziata prima moglie davanti ai tribunali del Cile, e che secondo la dichiarazione dell'Ambasciata sarebbe l'unica causa della mia permanenza all'estero.
Come può arrivare facilmente a conoscenza di lei, questa asserzione è una grossolana calunnia, destinata ad infangare la mia reputazione di scrittore e di politico.
È a conoscenza di tutto il mondo che per ordine della Presidenza si causò una grande spesa, spesa che sarà qualche volta debitamente investigata, alla mia prima moglie precisamente per intentarmi un'azione in questo senso, trovandosi con la sorpresa che tanto il mio divorzio, come il mio matrimonio posteriore erano interamente legali, ed erano tutelati da una risoluzione della Corte di Appello. Siccome questa signora non servì da strumento per il ricatto che si tentava contro di me, la si lasciò abbandonata, e dovetti, nonostante le condizioni in cui mi trovavo, prestarle aiuto, dal mio nascondiglio.
Le accuse dell'Ambasciata a Roma, pubblicate dalla stampa italiana, non mi colpirebbero nella cosa più minima se invece dei negligenti ministri che hanno occupato quella carica non stesse una personalità come quella sua. La nostra relazione come colleghi nel Senato mi diede una alta idea della sua rettitudine e severità. Pertanto non può ammettersi che essendo lei il Ministro di Relazioni Esterne, i suoi subordinati facciano dichiarazioni offensive, ignobili e false.
Ho inviato immediatamente un potere legale ai miei rappresentanti a Roma, tra altri il signore Einaudi, figlio del Presidente di quella Repubblica, e che è il mio editore in Italia, affinché si processi l'Ambasciatore de La Moneda per diffamazione e calunnia.
Conoscendo il suo retto criterio, sono sicuro che, una volta informato di questi gravi carichi, procederà ad ordinare una rettifica ed a sanzionare al funzionario colpevole. In questo caso, io ritirerò soddisfatto la mia domanda davanti ai tribunali italiani.
Saluto il signore Ministro ed amico con la sua più alta considerazione.
Pablo Neruda
[A Roberto Aldunate, ministro di Relazioni Esterne]
[A ROBERTO ALDUNATE, MINISTRO DE RELACIONES EXTERIORES.] (Pagine 999-1001.) Pubblicata sul quotidiano El Siglo, Santiago, il 20.6.1954.
[Santiago, giugno del 1954]
Sig. Ministro e vecchio amico:
Il Guatemala è stato invaso ieri dalle orde armate di Somoza agli ordini dell'United Fruit Co. e del Dipartimento di Stato nordamericano.
Non si tratta di una guerra civile, bensì dell'intervento brutale del Governo yankee, dei suoi aeroplani e dei suoi mercenari. Questo intervento sanguinario, destinato ad abbattere l'indipendenza guatemalteca e mettere questa nazione nelle mani delle vecchie tirannie e del potere monopolista nordamericano, è un'avvertimento per l'America Latina.
Nessuno più che tu, tra tutti i Ministri des Asuntos Extranjeos del continente, può apprezzare i fatti con maggiore conoscenza, e prendere decisioni conformi alla dignità del Cile, salvaguardando così maggiori e vicini pericoli per il continente. Tu sei presidente onorario ed occupasti per due periodi la presidenza effettiva dell'Alleanza di Intellettuali, fondata per lottare contro il fascismo.
Sono sicuro che continuerai quella lotta. Il fascismo nordamericano non solo distrugge vite nell'Asia, ma, cieco di furore, vuole calpestare le repubbliche che Bolivar, O'Higgins, San Martín, Morazán, Hidalgo ci trasmisero. I Somoza, Eisenhower, Trujillo, Odría, Pérez Jiménez sono d’accordo.
Gli uomini onesti, i patrioti del continente devono mettersi, anche, d’accordo, prima che sia tardi.
Tu, repubblicano, libero massone e socialista, sapesti difendere al mio fianco, con vigore e coraggio la libertà minacciata. I tuoi scritti contro i seguaci di Hitleri sono memorabili. Il tuo atteggiamento contro l'apprendista tiranno González Videla sarà ricordato dal nostro paese. Ora tu hai responsabilità nel Governo. Io continuo ad assumere la responsabilità che mi dà la fiducia del mio paese. Su questa base posso dirti: un Ministro come te deve, innanzitutto, sapere quello che pensa la nazione. Non deve né può ubbidire ad un altro mandato che quello della coscienza, e più ancora, quando questa coincide con la coscienza storica.
Dobbiamo stare uniti.
Dobbiamo, tu, Ministro, ed io, poeta del mio paese, essere unti ed affrontare questo momento affinché possiamo essere giudicati domani.
Non vale qui nessuna scusa.
Tu sai che la maggioranza popolare del Generale Ibáñez si dovette al suo atteggiamento contro il Patto infame, che mise il nostro Esercito al servizio dei magnati nordamericani.
In questo momento, né tu hai scuse di Governo, né io di poesia.
Foster Dulles inventò il piano della Corea. Un'intensa campagna delle sue agenzie (AP, UP) la precedette. Arrivò il momento. Allora quando le truppe del Sud-Corea, equipaggiate da Dullas, invadevano la Repubblica Democratica della Corea del Nord, inventarono e proclamarono un'aggressione "comunista", gioco grossolano che contò sul servilismo verbale di molte nazioni e sul sacrificio della terra coreana. Innocenti ragazzi del Texas e di Baltimora lasciarono lì il sangue e la vita.
Foster Dulles è azionista principale nell'United Fruit Co. e nelle fabbriche di armamenti.
Che cosa possiamo sperare?
Roberto, io voglio che tu presuma in Cile un Governo come le tue idee, un Governo non comunista, semplicemente socializzante e nazionale. Ti prego che pensi alla tua opposizione alle compagnie straniere che ci dissanguano. Ti stimo patriota e desideroso di recuperare, per il Cile, Sewell, Chuquicamata, etc., qualche giorno.
Sono sicuro che, come socialista e progressista, pensi che le terre agricole cilene devono essere slegate della coltivazione feudale, restituite alla nostra economia e si deve fare giustizia ai nostri abbandonati contadini.
E bene, se vedessi che la Andes e la Braden e la Guggenheim, alleate ai nemici della tua patria, ai latifondisti feudali e coloniali, reazionari e fascisti che tu hai combattuto, si unissero con Odría e coi militaristi paraguaiani, se vedessi aeroplani nordamericani, comandati da questi brutti uomini, scaricare bombe su Santiago e Talagante, su Temuco e Tocopilla, Roberto Aldunate, da che parte staresti?
Il tuo paese, i cileni, ti fanno questa domanda da Magellano fino ad Arica.
Gli immancabili collaborazionisti nordamericani (i Baráibar, Gorkin ed altri rinnegati) ti diranno: "sono i comunisti."
Sì, Roberto, siamo, anche, comunisti.
Abbiamo diritto, come te, a combattere per i nostri paesi. Nessuno ci intimorirà. Niente ci farà mancare ai nostri doveri di cittadini e di patrioti, a disertare la causa sacra dai nostri paesi.
Io so che, benché il tuo Governo mi privi di esercitare i miei diritti elettorali, perché lo decretò González Videla, tu condividi il mio pensiero su questo argomento.
Il Cile deve chiedere una Conferenza degli Stati Americani per protestare e denunciare l'aggressione inqualificabile.
Alzano il Gran Bastone contro tutti i nostri paesi.
Il Cile deve elevare la voce di O'Higgins, di Bilbao, di Balmaceda, di Recabarren.
Tu devi far sentire questa voce profonda della nostra Patria.
Non solo in difesa della piccola, eroica ed aggredita Guatemala.
Bensì in difesa del futuro della nostra patria.
Conosce il popolo cileno la tua azione per la democrazia e l'onestà delle tue azioni.
È questo il momento in cui, respingendo pubblicamente i nemici della libertà, difendi l'indipendenza dell'America, minacciata in Guatemala dall'oro, dal tradimento dei tiranni e dalle armi nordamericane.
Tutti noi cileni aspettiamo le tue parole, la tua decisione in difesa della sovranità delle nostre nazioni o la tua rispettabile rinuncia al Ministero di Relazioni Esterne, carico che dipende direttamente, come tu sai, della fiducia del popolo del Cile.
Si saluta con tutta la sua l'amicizia e la sua speranza.
Pablo Neruda
[Ai poeti spagnoli]
[A LOS POETAS ESPAÑOLES.] (Pagine 1002-1004) Pubblicata dopo la morte del poeta nella rivista Triunfo, núm. 580, Madrid, 10.11.1973, includendo il facsimile del testo manoscritto. Conserviamo la disposizione tipografica della pubblicazione originale che armonizza con la forma delle Odas elementales che Neruda scriveva in quegli anni.
Stando a Parigi, in dicembre del 1957, conobbi Neruda. Parliamo molto. Della Spagna, di poesia, dei poeti spagnoli. Della Spagna soprattutto. Con la sua voce grave e lenta, come un miele che cade goccia a goccia, mi parlò Pablo Neruda dell'amore che sempre aveva sentito per la Spagna e per i suoi fratelli, i poeti spagnoli. Ma un dolore ostinato, tanto profondo come il suo amore, lo manteneva allora, fisico e spiritualmente, lontano da lei, girando le spalle, sordo e muto a tutto quello che proveniva dalla Spagna. Parliamo molto. Gli feci sapere molte cose. Discutiamo dei poeti spagnoli: i soliti, quelli di prima e quelli del momento. Si commosse finalmente. L'amore si impose, e congedandomi mi consegnò una lettera diretta ai poeti spagnoli, una lettera generosa e bella per tutti i suoi amici della Spagna, una vera lettera di amore che ogni spagnolo può leggere come se fosse il suo destinatario.
Angela Figuera Aymerich
Parigi, 27 di settembre del 1957
Cari poeti
spagnoli,
qui mi trovo
molto vicino alla terra
spagnola e pieno
di sofferenze per non vederla
e toccarla. Sono un esiliato
speciale, vivo sognando
con la Spagna, colla grande
e la minima, quella della mappa
e quella delle stradine,
sognando tutto l'amore
che tra voi lasciai,
un esiliato che può solo
avvicinarsi all'aria
che perse. Quante volte,
di notte, l'aeroplano
che mi portava lontano,
sorvolò la vostra terra,
ed io, angosciato, cercai
di decifrare le luci
che, come lucciole,
brillavano là sotto.
Erano case perdute, paesi
sommersi, monti oscuri,
e forse, visi amati
che non tornerò a vedere.
Il mio cuore, lì sopra,
volando, sentì di nuovo
la terra magnetica
e si riempì di lacrime.
Poeti spagnoli,
ci ha separati un freddo crudele
ed anni passati come secoli.
Noi, poeti americani,
vogliamo rinnovare
la fraternità e la continuità
della nostra parallela poesia.
Siamo stati separati
da errori propri ed altrui,
da profondi dolori,
da un silenzio impossibile.
La poesia deve tornare
ad unirci. La poesia
deve ricostruire
i vincoli rotti, ristabilire
l'amicizia ed elevare
universalmente il nostro canto.
Tale è il nostro compito. A lei
mi darò tra i miei paesi.
Voi direte la vostra
parola. Ed avremo
fatto così il primo passo,
che sebbene tardivo
non sarà meno fecondo.
Va in questa carta il mio affetto
fraterno e la mia fiducia
nella poesia
e nell'onore dei poeti.
Pablo Neruda
[Al presidente Ibáñez del Campo]
[AL PRESIDENTE IBÁÑEZ DEL CAMPO.] (Pagine 1004-1006.) Pubblicata su La Nación, Santiago, 30.5.1958. Relativa allo status civico di migliaia di comunisti, cittadini cileni cancellati del registro elettorale dalla Legge di Difesa della Democrazia imposta da González Videla nel 1948.
[Santiago, maggio del 1958]
Nella mia qualità di presidente della Società degli Scrittori del Cile ed in difesa degli interessi e diritti dei creatori e prosecutori della cultura cilena, ho avuto il maggior piacere di accompagnare il Direttivo della Società degli Scrittori del Cile per esporre a sua Eccellenza alcuni dei nostri problemi corporativi. Ho avuto in anticipo la sicurezza di trovare accoglienza alle iniziative che dignifichino praticamente la vita degli scrittori nella patria di Gabriela Mistral.
Ma ho lasciato senza essere trattato, davanti al signor Presidente della Repubblica, un problema politico e personale che mi ha preoccupato gravemente prima di conversare con autorità di tanta importanza e responsabilità. Feci attenzione nel non trattare questa materia politica per separarla accuratamente dalla mia attività come presidente della Società degli Scrittori del Cile, gruppo esclusivamente culturale.
Succede, signore Presidente, che non mi considero né sono praticamente un cittadino della Repubblica del Cile, e pertanto, non avrei dovuto sostenere alcuna intervista né con la sua Eccellenza né con altre autorità. Devo essere considerato come un uomo invisibile. Sono cancellato delle liste elettorali. Pertanto, ho seri dubbi sulla mia esistenza civica. Se non mi è riconosciuto il diritto che hanno nel mio paese perfino i vili delinquenti, senza parlare dei più abili sfruttatori, come posso presentarmi davanti ai governanti? E questi governanti, possono considerare le petizioni di un uomo cui è negato l'esercizio della cittadinanza, considerato e consacrato anche nelle nazioni più arretrate?
Signor Presidente, sono stato onorato in tutti i paesi dove sono stato, e non voglio ricordare questi onori, se non li credessi direttamente concessi al mio popolo ed alla mia patria. Quando María Casares e Jean-Louis Barrault recitavano con emozione i miei versi in La Sorbonne in Francia, o quando le Municipalità di Venezia, di Torino, di Genova, di Napoli e di Firenze mi ricevevano in plenum, pensai che quelli stimoli facevano brillare il nome lontano del mio paese. Quando il Premio Mondiale della Pace ed il Premio Nazionale di Letteratura del Cile ricaddero nella mia persona, pensai che queste dignità appartenevano al mio paese. Quando i miei libri si traducono in quasi a tutte le lingue che si parlano e scrivono nel mondo, pensai con orgoglio che attraverso ciò sarebbero conosciute la storia, le lotte, il pensiero e la bellezza della nostra patria.
Ma tutto questo, signor Presidente, non mi è servito per avere diritto di voto in Cile. Ed una delegazione degli uomini che rappresentano il ritardo coloniale nel nostro paese e l'iniqua avidità ha osato presentarsi davanti alla sua Eccellenza a chiedergli che io ed alcune migliaia di cittadini continuiamo a state nel Limbo, nell'oscurità che essi favoriscono, nelle tenebre medievali che essi desiderano per tutti i cileni. Questi antichi usurpatori hanno deciso che non abbiamo parte nelle prossime elezioni, e pretendono di assoggettare il Governo della Repubblica per recuperare e prolungare in qualche modo il loro regno di ignoranza e miseria.
Naturalmente, Eccellentissimo signore, io non voglio stare in una situazione privilegiata e non accetterò una riabilitazione personale dei miei diritti alla cittadinanza. Non è questo il motivo della mia lettera né la finalità delle mie intenzioni.
Oso chiedere a sua Eccellenza che sia restituiti a tutti noi cileni che fummo incostituzionalmente cancellati dai Registri Elettorali i nostri diritti di cittadini e di cileni. Fummo separati di questo aspetto della vita patria per un mandatario che contribuimmo grandemente a scegliere e che tradì tutti i suoi principi, causando la più grande offesa alla libertà e la dignità del Cile in tutta la sua storia.
Mi tocca chiedere ad un Presidente alla cui elezione non contribuii che rettifichi quei mostruosi errori. Così è tanto intricato il processo della Storia. Ma nonostante ciò non ci può essere niente di più mostruoso che questa odiosa discriminazione nella cittadinanza esercitata in questo caso per separare i cileni, dividerli e dopo sfruttare la nazione intera.
Non può esserci neanche niente di più confortante per la continuità della democrazia e della libertà del nostro paese che l'azione immediata, oggi nelle sue mani, affinché si restaurino i diritti inalienabili di migliaia di patrioti, tra i quali ho l'onore e l'orgoglio di contarmi.
Ripeto i miei cordiali saluti al signor Presidente della Repubblica.
Pablo Neruda
[Agli scrittori argentini]
[A LOS ESCRITORES ARGENTINOS.] (Pagine 1006-1007.) Pubblicata su El Siglo, Santiago, 2.11.1958. Comunicazione diretta al Quarto Congresso degli Scrittori Argentini che si realizzò in Mendoza, ottobre del 1958.
Santiago del Cile, ottobre del 1958
Cari amici:
Ho ricevuto il vostro invito e vi ringrazio. Comprendo la grandezza del Congresso, vedo riuniti cari ed ammirati compagni, è doloroso per me privarmi di contribuire alla mia propria fraternità costruttiva.
Sono un poeta provinciale, delle terre solitarie del sud del Cile, terre confuse e piovose, che insegnano a vivere soli, e mi costò molta pioggia, molto sangue e solitudine comprendere in primo luogo i doveri dell'uomo, e dopo l'umanità dello scrittore. Poi la vita mi diede vasta opportunità di legare il mio proprio destino a quello del mio paese ed in questa integrazione furono presenti quelli che accompagnarono 100 anni fa a Sarmiento, scrittori cileni che continuarono fino a Gabriela Mistral una tradizione viva nella mia patria: la solidarietà dell'intelligenza.
Sono sicuro che questa riunione avrà e conterrà questo spirito e servirà i destini di pace, di libertà, di indipendenza e di giustizia che desiderano i nostri paesi e che, contemporaneamente, reclama per gli abbandonati scrittori dell'America Latina, il nostro diritto ad una creazione indipendente, orgogliosa e felice.
Pablo Neruda
[Alla Commissione Politica del Partito Comunista del Cile]
[A LA COMISIÓN POLÍTICA DEL PARTITO COMUNISTA DE CHILE.] (Pagina 1007.] Pubblicata su El Siglo, Santiago, 17.9.1959. Bisogna domandarsi se qualche altro scrittore avrebbe respinto allora in Cile la proposta di una sicura elezione per occupare una poltrona parlamentare con tutti i privilegi annessi. Neruda aveva vissuto già l'esperienza e non aveva voglia di ripeterla. In primo luogo perché sapeva che non avrebbe saputo viverla nel modo distanziato che il suo prestigio e la sua condizione di poeta gli avrebbero permesso magari, ma anche perché in quel periodo attraversava la risacca del suo ardore politico dopo la crisi del 1956. Dieci ani più tardi accetterà invece una candidatura impossibile, ma di gran importanza politica in quel momento, alla presidenza della repubblica del Cile.
Santiago, 7 settembre del 1959
Cari compagni:
In varie occasioni il nostro Segretario Generale compagno Corvalán si è interessato su conoscere la mia opinione personale nel caso in cui si proponesse il mio nome come candidato a parlamentare nelle liste del Partito.
Voglio ringraziare per l'alto onore che significa questa preoccupazione. La possibilità di questa designazione mi ha commosso e ho meditato con calma su questo punto.
Penso che senza occupare il posto di parlamentare posso sviluppare un lavoro effettivo nell'interesse del Partito e del nostro paese. Sanno i compagni la mia devozione costante e la mia adesione della linea politica tracciata dal Comitato Centrale.
Il lavoro parlamentare è incompatibile con la mia natura e le mie personali condizioni fisiche degli ultimi anni mi impedirebbero di compierlo in forma soddisfacente.
Col maggiore sentimento da parte mia mi vedo nella necessità di pregarvi di eliminare il mio nome dalle liste e scegliere in mia sostituzione un compagno che possa compiere meglio questi compiti. Io, dal mio posto di scrittore al servizio del Partito, continuerò prendendo parte alle nostre lotte per i gloriosi ideali del nostro Partito.
Vi saluta fraternamente.
Pablo Neruda
[Al direttore di "E Mercurio"]
[AL DIRETTORE DE "EL MERCURIO".] (Pagine 1008-1009.) Pubblicata su El Siglo, Santiago, 27.7.1964, come risposta ad un articolo editoriale di El Mercurio, Santiago, 15.7.1964.
Signor direttore di El Mercurio, Santiago.
Valparaíso, 26 Luglio del 1964
Dalla mia considerazione:
Con lo spirituale titolo di "Portavoce delle consegne comuniste" il quotidiano di sua direzione mi fa oggetto, nella sua edizione di ieri, a pagina tre, un'altra volta di osservazioni destinate al consumo della sua clientela politica. Quasi sempre ho lasciato passare questi commenti avversi, per trovarli naturali dentro l'ideologia capitalista che li informa. Ma questa volta, la prego pubblicare volontariamente questa lettera o secondo la legge N.° 15476, Legge che fu propiziata tanto amorevolmente per El Mercurio.
Trovo che trattando del mio cablo ai Cancellieri, ha ecceduto El Mercurio divagando e cambiando totalmente il senso le mie parole. Richiedo, dunque, che per chiarire ai lettori Voi pubblichiate integramente il mio messaggio che ebbe i termini seguenti: «Chiedo riunione Organizzazione Stati Americani approvi degnamente riunione cancellieri proponendo investigazione su intervento ed appoggio Dipartimento Stato Nordamericano in colpi fascisti militaristi in Guatemala, Paraguay, Nicaragua, Ecuador ed il Brasile stop Politica nordamericana favorisce regimi di terrore in America Latina contro i nostri paesi stop Riunione attuale è frutto di coazione e pressione Dipartimento di Stato per dividere le nazioni sudamericane stop Cancellieri sono pressati economicamente per isolare ed affamare una nazione gemella stop Usa vuole che crimine di genocidio contro il paese cubano sia decretato dai nostri governi per nascondere i suoi propositi di soppiantare governi di liberazione cubano da abituati burattini ubbidienti a Washington stop In nome dignità di nostra cultura spero ci siano alcuni rappresentanti altezzosi non si prestino a mascherata i cui propiziatori governanti venezuelani sono solo poveri diavoli affittati per monopoli straniero stop Quello che dico rappresenta pensiero Bolivar, Martí, Rubén Darío stop Benché pesi loro vivrò sempre per Cuba e sua Rivoluzione stop».
Lei pretende di farmi ingiuriare il Cile ed il suo governo, sostenendo che questa riunione è stata frutto della pressione del Dipartimento di Stato. Tale cosa mi sembra machiavellismo di carattere infantile, perché il mio attacco va ai pressatori e non a quelli pressati il cui atteggiamento, capeggiato da Messico, Cile, Uruguay e Bolivia, mostrano che ci sono, come io segnalavo, rappresentanti altezzosi che non hanno accettato la pressione.
Lei mi fa anche dire che: «l'emisfero sarebbe convertito in un vero campo di concentramento, diretto dal Dipartimento di Stato nordamericano».
La lettura del mio cablo rivela la poderosa immaginazione dei redattori del suo Quotidiano. Io non ho detto tale cosa. Questo successo della politica nordamericana è riuscito fino ad ora solo in Santo Domingo, Guatemala, Nicaragua, Ecuador, Paraguay, Brasile, precisamente i paesi che hanno formato la maggioranza contro Cuba, in nome della democrazia gorilista.
In quanto al pensiero di Martí, Bolivar e Rubén Darío, sarebbe lungo citare le incandescenti frasi con cui Bolivar e Martí ci avvertirono, noi latinoamericani, del pericolo dell'espansione nordamericana. Solo e per terminare citerò alcune parole di Rubén Darío che non sono «un arrogante riferimento», come Lei dice, bensì un avvertimento vivo, sonoro e vigente, come quando scrivesse loro il gran poeta: «Sei gli Stati Uniti, sei il futuro invasore0187...
Lo saluta cordialmente
Pablo Neruda
[Lettera di solidarietà agli studenti universitari argentini]
[CARTA DE SOLIDARIDAD A LOS ESTUDIANTES UNIVERSITAROS ARGENTINOS.] (Pagine 1010-1011.) Pubblicata su El Siglo, Santiago, il 4.8.1966.
Isla Negra, Agosto 1966
Le sopraffazioni contro le Università argentine ci hanno scossi. Conoscendo i dettagli abbiamo sentito ripugnanza ed orrore.
"Quando ascolto la parola intelligenza tiro fuori la pistola", proclamò il franchista Millán Astray. Già avete voi il vostro Millán Astray, con la pistola nella mano. Si è sentito in tutta la l'America l'ululato del Governo argentino contro l'intelligenza. La lotta per la sopravvivenza della cultura è una epopea molto lunga nelle nostre terre americane. Martí cadde in quel combattimento. Sarmiento visse nell'esilio e toccò alla mia patria l'onore che qui vedessero la luce i suoi libri appassionati.
I giovani argentini poterono pensare che tante angosce sarebbero finite, e che la bella terra gemella della nostra potesse fiorire in pace. È stato forse per molti di voi un risveglio violento. Si sa che da questo sogno i giovani furono estratti a bastonate, ed i maestri feriti e vessati.
Certamente, e questo deve riconoscersi, c'è una recrudescenza della crudeltà nel mondo. Ed in qualche modo la violenza si dirige ad ostacolare la continuità della coscienza. Perciò è osteggiata la gioventù.
L'olocausto del Vietnam, simile agli immensi massacri hitleriani, vuole seppellire la primavera di quel paese piccolo ed eroico, vuole distruggere la sua gioventù, vuole fare di quello territorio una terra bruciata, dove la gioventù, tra sangue e cenere, perda ogni speranza.
Tuttavia sappiamo che la ragione e l'intelligenza sopravvivono. Il Pentagono vuole produrre una specie di università militare, o piuttosto un'anti-università, un reggimento latinoamericano che metta mano alle libertà dei nostri paesi e ci porti legati agli interessi nordamericani. Vuole installare in ognuna delle nostre abbandonate capitali, un uomo ben uniformato che con pistola e sciabola si scagli contro i libri e contro i popoli. Appena si impadronisce di un governo latinoamericano uno di questi rappresentanti della violenza, riceve il suo riconoscimento da Washington, e l'abbiamo già eretto in maestoso governante. Da quel momento pretende di governare dando bastonate, non a destra e sinistra, bensì solo a sinistra, perché sta alla sinistra il posto del cuore. Il lemma del soldado Millán Astray era: "Evviva la morte!."
Evviva la vita! giovani argentini. Vivano i libri e la lotta; vivano la cultura e la speranza che voi incarnate in questa ora, di fronte all'oltraggio ed alla crudeltà.
Lo stesso filo della storia unisce la causa di tutti i paesi, l'eroica resistenza dei vietnamiti contro gli invasori yankee, la difesa dell'indipendenza e della rivoluzione cubana, il profondo alveo delle lotte popolari del Cile, e l'inesauribile riserva della gioventù di tutti i paesi dell'America Latina e del mondo che combatte in tutti i fronte contro i nuovi colonialisti stranieri ed i loro prepotenti nazionali.
Siamo, dunque, solidali del futuro dell'uomo sulla terra, eredi e creatori di umanesimo, e non saremo vinti. Sono sicuro che la gioventù argentina uscirà vittoriosa in questa dura tappa. Nonostante il terrore troveranno la strada comune della speranza.
Gli Onganías passa, senza lasciare memoria.
La primavera ritorna.
Pablo Neruda
[A Bertrand Russell]
[A BERTRAND RUSSELL.] (Pagine 1011-1013.) Pubblicata su El Siglo, Santiago, 16.11.1966.
Isla Negra, 15 novembre del 1966
Caro ed ammirato amico:
L'annunciato processo pubblico al Presidente Lyndon Johnson ha svegliato interesse, emozione e speranze in America Latina.
I crimini di guerra ordinati, autorizzati o giustificati dal presidente degli Stati Uniti in una lontana nazione dell'Asia, non sono per i nostri paesi solo le dimostrazioni di una crudeltà diabolica e pazzesca, bensì una diretta minaccia alle prospettive politiche della nostra indipendenza.
Lei in varie dei suoi chiaroveggenti avvisi ha segnalato il Presidente Johnson come un prosecutore di Hitler. Ricordiamo che Hitler prese parte alla distruzione delle libertà in Spagna per poi scatenare la seconda guerra mondiale. Giustamente il Vietnam sembra ripetere l'eroica lotta del paese spagnolo. E l'aggressione ingiustificabile delle Forze armate nordamericane, c'insegna come si ripete la Storia, dando ragione ai suoi illuminatrici avvisi.
Se fosse stato possibile anticipare i processi di Norimberga, e si fossero realizzati apertamente nelle capitali del mondo, prima del termine della guerra, forse si sarebbe evitato all'umanità quell'amaro periodo di confusione, massacri e martirio.
Inviandogli la mio adesione fervorosa per la sua nobile crociata in difesa dei più alti principi umani, voglio chiedergli a nome di milioni di latinoamericani, di informarci sulle attuali possibilità e difficoltà di questa storica iniziativa la cui realizzazione consideriamo obbligatoria ed urgente.
Le notizie di Stampa ci indicano che i piani terroristici nordamericani continuano dissanguando, demolendo ed assassinando in Vietnam. Questa azione di annichilimento di un paese eroico è il nostro tormento di questi giorni e la più grave ferita nel cuore e nella coscienza degli uomini di questa epoca.
Il nostro continente ha sofferto da un secolo interventi armati, mutilazioni di territorio e gravi atti aggressivi contro la libertà di questi paesi. Gli Stati Uniti mantengono fino ad ora il blocco di Cuba forzando ai governi latinoamericani a mantenere isolata una nazione gemella. I fatti successi in Sacra domenica, l'insolente invasione del suo territorio come l'attuale preparazione di un corpo dell’esercito interamericano al servizio dell'aggressivo imperialismo, mettono in evidenza la necessità di avvertire i nostri paesi fino a dove può arrivare il mondo per questa strada. È il nostro dovere immediato processare e punire moralmente uno dei suoi più sinistri esecutori: Lyndon B. Johnson.
Colgo l'occasione per inviare ai miei amici Lázaro Cárdenas e Jean-Paul Sartre, come agli altri partecipanti del Comitato Preparatorio, il mio fervoroso riconoscimento.
E lei, insigne amico e dimissione coscienza della nostra epoca, ritenga opportune ricevere il mio saluto più cordiale.
[A George F. Kennan]
[A GEORGE F. KENNAN.] (Pagine 1013-1015.) Raccolta in PNN, pp. 344-346, con due lettere di Kennan (pp. 344 e 347) che trascriviamo:
15 gennaio di 1968
Egregio signore Neruda:
Ho l'onore di informarla che i membri dell'Accademia Statunitense di Arti e Lettere ed i membri dell'Istituto Nazionale di Arti e Lettere lo scelsero come membro onorario, tanto dell'Accademia come dell'Istituto. Per i suoi statuti, la distinzione di membri onorari di entrambe le organizzazioni è conferita ad artisti, scrittori e compositori che non sono cittadini degli Stati Uniti i cui servizi all'arte sono riconosciuti dai suoi colleghi di questa Repubblica. Spero che possiamo avere il gusto di comunicare ai membri di entrambe le istituzioni che lei accetta questo invito.
Gli inviamo per posta una copia degli Annuari dell'Accademia e dell'Istituto ed un opuscolo esplicativo della funzione ed obiettivi di questi organismi e dei diritti e privilegi dei suoi membri.
L'Accademia e l'Istituto ricevendo la sua accettazione cureranno, per mezzo del Dipartimento di Stato, che l'Ambasciatore degli Stati Uniti gli consegni l'insegna ed il diploma come membro onorario.
Rispettosamente suo
George F. Kennan
Presidente
[Aprile del 1968]
Egregio signore Neruda:
Ebbi il piacere di ricevere la sua lettera e la sua accettazione come membro onorario dell'Accademia e dell'Istituto Nazionale di Arti e Lettere.
Nonostante comprendo e rispetto i suoi sentimenti per non accettare la menzione ed insegna dalle mani del nostro ambasciatore in Cile. Questo non ostacola, in nessun modo, la sua elezione.
Se lei progetta di stare negli Stati Uniti in un futuro immediato sarebbe un piacere per me consegnargli l'insegna e la menzione.
Se, altrimenti, lei si troverà in un altro paese vicino, come il Messico, per esempio, io potrei viaggiare per fargli la consegna, personalmente.
In una riunione che l'Accademia farà il 13 di maggio, leggeremo un Verbale dell'elezione di Pablo Neruda, designato Membro Onorario per il suo valore come poeta.
Lo saluta distintamente
George F. Kennan
Presidente
Sig. George F. Kennan
Presidente Accademia Americana di Arti e Lettere
Istituto Nazionale di Arti e Lettere
New York, Usa
[Isla Negra] Marzo 12 del 1968
Stimato signor Kennan:
Rispondo molto tardi alla sua lettera del 15 di gennaio di questo anno e mi creda che sento molto questo ritardo. Ho passato fuori del Cile tutto il mese di febbraio ed in questi giorni appena dopo il mio ritorno devo considerare le sue importanti comunicazioni.
Lei mi informa che l'Accademia Americana di Arti e Lettere e l'Istituto Nazionale di Arti e Lettere mi hanno scelto come membro onorario di entrambe le organizzazioni. Ho compreso che questa distinzione, riservata ad artisti, scrittori e compositori stranieri, è un riconoscimento altamente rispettabile per chi lo riceve. Basta leggere alcuni nomi tra gli antichi e recenti membri onorari per rendersi conto di ciò. Mi sentirei, dunque, fuori luogo ed onorato contemporaneamente figurando con la mia piccola opera di poeta tra personalità tanto illustri del passato e del presente, come Braque, Chagall, Isak Dinesen, T. S. Eliot, Gide, Malraux, Matisse, Miró, Henry Moore, Nehru, Orozco, Bertrand Russell, Bernard Shaw, Schweitzer, Shostakóvich, Villa-Lobos e H. G. Wells.
Stimo anche che in questo modo il vostro pensiero nel distinguermi ricada per estensione sul mio paese, nella sua cultura e nel suo popolo. Penso, ugualmente, che l'ampiezza di criterio con che l'Accademia e l'Istituto scelgono i loro membri stranieri ha un alto significato nei momenti attuali. Vedo in ciò l'unità del pensiero nordamericano, manifestato in questi ultimi tempi contro la guerra del Vietnam dagli alti valori della cultura del suo paese che formano parte di quelle istituzioni.
Accettando questa distinzione, mi è forzoso esprimere con chiarezza la mia adesione alla protesta di tanti intellettuali nordamericani la cui opposizione ed atteggiamento accompagnano anche, interpretando così la maggioranza degli scrittori, artisti e compositori del continente Latinoamericano.
Gli avvenimenti strazianti della nostra epoca si vincolano alle nostre proprie preoccupazioni morali ed estetiche, dando un colore ombroso ai nostri giorni ed alle nostre notti, ma anche il sentimento che la dignità dell'intelligenza si alza contro l'aggressione nel posto stesso in cui questa nasce, non può essere altro che un stimolo per quelli che sostengono la ragione e l'umanesimo contro l'ingiustizia e la violenza.
Così, dunque, accettando la nobile distinzione che mi fanno oggetto l'Accademia e l'Istituto Americani, voglio esprimerle che non potrei ricevere né l'insegna né il diploma corrispondenti dalle mani di nessun ambasciatore degli Stati Uniti, né in nessun ufficio che rappresenti al suo governo.
Mi sentirò molto onorato ricevendo il titolo ufficiale di mani del presidente di quell'istituzione o di chiunque dei suoi membri, tra i quali figurano ammirati i miei amici, come Malcolm Cowley, Arthur Miller, Robert Lowell e tanti altri. Ma se questo cambiamento nelle abitudini stabilite da quelle istituzioni fosse motivo di difficoltà al suo interno, accetterò anche molto compiaciuto, se così si disponesse, che si pensasse nel mio nome per tanto rispettabile designazione in un'altra opportunità più favorevole.
Nel frattempo, ringrazio con emozione il Signor. Presidente ed i membri dell'Accademia Americana ed Istituto Nazionale di Arti e Lettere la sua buona proposta.
Lo saluta distintamente
Pablo Neruda
[Al ministro Quiroga Santa Croce]
[AL MINISTRO QUIROGA SANTA CRUZ.] (Pagina 1015.) Inedita. Devo la fotocopia del manoscritto alla gentilezza di Mariano Baptista Gumucio, console generale della Bolivia in Cile.
Al signor
Marcelo Quiroga Santa Cruz
Bolivia
Isla Negra, 4 aprile, 1970
Signor Ministro ed amico, partendo per la Francia mi rendo conto delle molte domande che mi faranno lì sul destino di Régis Debray.
Io, come scrittore e cittadino latinoamericano, devo assumere la responsabilità che mi corrisponde che ci corrisponde, rispondendo a tanto giustificate indagini.
Sembra inutile la sua prigionia. E la sua liberazione chiarirà ancora più le nuove lotte della Bolivia per la sua indipendenza. I nemici della Bolivia, e del nostro paese, sono anche i nemici di Régis Debray.
Spero possa accettare il mio ardente intervento affinché ponga la sua preziosa personalità sulla bilancia ed arrivi a felice termine questo conflitto che affligge non solo una bensì molti uomini della cultura mondiale.
Lo saluta con la considerazione più attenta
Pablo Neruda
[Al senatore Corvalán ed il partito]
[AL SENADOR CORVALÁN Y AL PARTIDO.] (Pagina1016.) Pubblicata su El Siglo, Santiago, l’ 8.11.1971.
[Parigi, novembre del 1971]
Senatore Luis Corvalán
Compagni ed amici:
Sento la tristezza di non stare tra tutti voi in questo anniversario e sento contemporaneamente una volta di più l'immenso orgoglio di appartenere al nostro Partito. Ho accettato tutte le lezioni che la vita mi ha dato, ma nessuna lezione più feconda che appartenere alla nobile famiglia umana dei comunisti.
La storia, la società, le condizioni di vita in tutti i paesi, sono state trasformate dallo sforzo dei comunisti. In quanto a noi, da Recabarren fino ai vittoriosi giorni di oggi, quanto sacrificio, quanta abnegazione, quante lotte abbiamo capeggiato, quante volte siamo risorti dalla sconfitta col cuore intatto e la speranza ricostruita.
Non c’è maggiore premio né maggiore orgoglio per un poeta che avere accompagnato le lotte del suo paese con la sua forza, la sua tenerezza e la sua poesia. Sono anche orgoglioso di essere attaccato dal nemico di classe, da feudali e da distruttori e dai sostenitori ipocriti di corruzione in libertà.
In quanto alla rivoluzione in libertà e con dignità l'ha il Cile nelle sue mani, e la difenderemo con passione nel posto in cui stiamo. Non abbiamo un altro compromesso che i doveri sacri che ci impone la storia, la vita e la lotta vittoriosa del Cile e del suo popolo.
Saluto con umile fraternità tutti i miei compagni, ad andare avanti coi nostri cuori e le nostre bandiere spiegate.
Salute!
Neruda
[Alla deputata Gladys Marín]
[A LA DIPUTATA GLADYS MARÍN] (Pagine 1017-1018.) Pubblicata su El Siglo, Santiago, il 6.9.1972.
Per il deputato
Gladys Marín
Urgente
[Parigi, settembre del 1972.]
Voglio che questa lettera sia un trifoglio di quattro foglie. Dedico questo trifoglio alla Gioventù Comunista della mia Patria.
La prima foglia è quella dell'allegria. I giovani devono imparare anche ad essere giovani e questo non è tanto semplice. Io fui un ragazzo a lutto. Cadde sulla mia vita la tristezza dai poveri paesi del Sud, il grido della pioggia, l'intransigente solitudine. Più tardi trovai che la vita tanto più seri problemi ci propone, quanto più difficile sia la scoperta della nostra strada, tanto più grave sia il sentimento dell'ingiustizia sociali, quanto più ragioni abbiamo per sentirci degni della nostra responsabilità. Così scopriamo il cammino verso l'allegria che comincia in noi stessi e dopo si vuole condividere e ripartire. Lottiamo perché la nostra allegria possa essere condivisa e ripartita in tutta la Terra.
La seconda foglia è quella della coscienza. Partiamo dalla coscienza di un mondo deformato dall'interesse, dalla routine, dall'avidità, dall'ipocrisia. Il capitalismo e l'imperialismo si coprono con una maschera che dice: "Mondo libero" e sotto quella maschera si nascondono il terrore, la repressione di classe, la perversità sociale. I giovani devono partire da questa coscienza: quella di una società che dobbiamo elevare alla dignità dell'uomo, alla dignità suprema dell'uomo. E questa dignità non esisterà senza la lotta comune che le faccia realtà. I giovani Comunisti hanno il dovere di rappresentare questa coscienza, continuare e rinnovare questa lotta e fare realtà i più antichi sogni dall'uomo.
La terza foglia è quella della sicurezza.
Quando i primi comunisti espressero la loro verità furono accusati di essere falsi, traditori, stranieri, illusori. Oggi immense nazioni vivono nella rivoluzione. I comunisti furono martirizzati, aggrediti, calunniati. Oggi pesano nei destini del Mondo.
Ieri i comunisti erano accusati di esplosivi, di essere estremist, belve umane. Oggi sono accusati di essere riformisti, pacati, prudenti. Sono gli stessi nemici di ieri quelli che vogliono fermare l'alveo organizzato della rivoluzione. Si vestano da conservatori, da fascisti, da estrema sinistra, sotto i loro paramenti hanno lo stesso viso. Sanno che i comunisti hanno cambiato la storia, essi in un modo o nell’altro hanno coinciso con l'anticomunismo per fermarlo nella sua marcia. Ma la storia si muove in avanti lasciando dietro ai ritardatari e gli impazienti.
La quarta foglia è quella del Partito. Io ero un uomo quando entrai alla famiglia dei comunisti cileni. Avevo attraversato la solitudine. Aveva sentito e comprese tragedie, sfortune, catastrofi. Ero passato per guerre e sconfitte, per dure critiche e vittorie.
Credevo di sapere già tutto. Ma trovai dentro il mio Partito, e camminando per paesi e strade attraverso l'estensione dell'America e del Cile, che aveva molto da imparare ed ogni giorno uomini anonimi, sconosciuti fino ad allora, mi diedero le maggiori lezioni di saggezza, di rettitudine, di fermezza. Nessuno deve credersi superiore al Partito. Questo sentimento di modestia non significa vassallaggio, bensì il superamento del personale, apprendistato di una disciplina che ci conduce sempre alla verità.
Giovani Comunisti: questo è il trifoglio di quattro foglie che vi mando da lontano. I miei occhi ed il mio cuore continuano ad essere in Cile.
Buona fortuna!
Pablo Neruda
[Al presidente Salvatore Allende]
[AL PRESIDENTE SALVATORE ALLENDE.] (Pagina 1019) Inedita. Devo la fotocopia del documento alla gentilezza di Volodia Teitelboim.
Signor Presidente
della Repubblica del Cile
Salvador Allende
Santiago del Cile
Parigi, 6 settembre del 1972
Il mio caro Presidente Salvador:
Siccome i presidenti hanno tanto poco tempo, ti comando una proposta editoriale che comunico anche al Ministro di Educazione. Lo faccio perché c'è molta discussione sulle edizioni dei miei libri in Cile e voglio mettere termine ad esse nella forma seguente: che lo Stato, Ministero di Educazione o un altro organismo, pubblichi un'edizione di un milione di esemplari di una Antología popular della mia poesia. Tanto l'editore Losada (proprietario del copyright) come io, rinunciamo rispettivamente a tutta l'utilità e diritti d'autore purché questa edizione non si metta in nessun modo in vendita, ma si regali interamente tra la popolazione scolare, i sindacati e le forze armate. Siccome io arriverò giustamente il 15 di novembre prossimo, l'ordine per fare tale stampa deve impartirsi immediatamente, in modo che l'edizione sia pronta e consegniamo entrambi i libri in una cerimonia pubblica. Se sei di accordo, ti prego parla col Ministro di Educazione o con la persona che creda la più autorizzata ed attiva.
Naturalmente sarebbe un'opera di non più di 100 pagine ed in carta economica per ribassare il suo costo. Mi piacerebbe che portasse un tuo prologo o che si tornasse a mettere come prologo le magnifiche parole del tuo messaggio nell'occasione del premio Nobel.
Un abbraccio fraterno e soprattutto il resto che non riesco a dirti nella mia lettera, AVANTI SEMPRE.
Pablo Neruda
[Al generale Prats]
[AL GENERAL PRATS] (Pagina 1020.) Raccolta in PNN, p. 354n, con la risposta del generale Prats (p. 355n) che trascriviamo:
Sig.
Pablo Neruda
Isola Nera
Santiago, 4 settembre del 1973
Distinto Don Pablo:
Mille grazie per gli stimolanti concetti che Lei esprime nella sua lettera del 31 di agosto e che fortificano la tranquillità di coscienza che realmente sento - ora - trasformato in un cittadino comune, dopo la decisione che adottai di fronte alla bassezza e vigliaccheria morale che, deplorevolmente, sono il fattore comune dell'azione di quelli che pretendono di rieditare in Cile la storia de Il Gattopardo.
Ricorderò, come uno dei momenti più edificanti che le circostanze del destino mi procurarono, l'opportunità che mi offrì il Sig.. presidente della Repubblica di rappresentare il sentimento nazionale, rendendo omaggio al grande poeta cileno, premiato col premio Nobel della Letteratura.
Formulo i migliori voti per il pronto ristabilimento della sua salute, perché il Cile necessita - alzandosi sulle trincee politiche - della validità di valori intellettuali, come quelli che Lei simbolizza, affinché tornino a dominare la ragione e la saggezza in questo bel paese, affinché il suo paese raggiunga la giustizia sociale che tanto si merita.
Unitamente a ripeterle il mio riconoscimento, per la sua adesione, le esprimo la mia personale stima.
Carlos Prats González
Signor
Generale, Don Carlos Prats
Santiago
Isla Negra, 31 agosto 1973
Mio rispettato Generale:
Lei potrà avere rinunciato, ma continuerà ad essere per i cileni, per la sua gran maggioranza, il Generale in Capo ed un cittadino esemplare.
In realtà, l'incitamento all'offesa e la sedizione vengono da molto lontano nella storia del Cile. Quando la Repubblica stava ancora in pannolini, l'anno 1811, il traditore Tomás de Figueroa si alzò in armi contro la nostra Repubblica appena nata. Naturalmente lo stesso gruppo di allora, attraverso i suoi discendenti, coltiva la sua memoria: una strada di Santiago, in Las Condes, porta il suo nome. Questo le dice tutto.
È impossibile vedere senza angoscia l'impegno cieco di quelli che vogliono condurrci alla disgrazia di una guerra fratricida, senza più ideale che la conservazione di antichi privilegi scaduti per la storia, per la marcia irreversibile della società umana. E questo prega per il Cile e per il mondo.
Sfidando lei, con sacrificio della sua brillante carriera, le possibilità di una contesa civile, ha messo di rilievo, non solo la nobiltà del suo carattere, bensì la profondità del suo patriottismo.
Riceva il saluto, l'ammirazione e l'adesione di
Pablo Neruda