Pablo Neruda e Insetti


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Lettere a Terusa (1922-1924)

LETTERE A TERUSA
(1922-1924)

Verso il fine del
Álbum Terusa, dove non ci sono oramai più testi manoscritti di Neruda, qualcuno - sicuramente la stessa Terusa - trascrisse senza ordine e senza date una serie di lettere e messaggi che il poeta inviò alla ragazza tra 1922 e 1924 (nell'orbita dei Veinte poemas). Di quei documenti non si conoscono gli originali - molto probabilmente furono distrutti dopo essere stato copiati -, ma la trascrizione mi sembra affidabile: il linguaggio è di Neruda. Queste lettere documentano una storia sentimentale, le sue peripezie ed il crollo finale. Terusa era allegra e luminosa nella memoria del poeta. Nel momento di dare nomi alle amate dei Veinte poemas Neruda la chiamò Marisol, in opposizione a Marisombra = Albertina Azócar. Nel 1910 Terusa fu nominata Regina delle feste primaverili in Temuco ed il liceale Neftalí Reyes scrisse, e dopo lesse nel teatro della città, i versi di omaggio a Sua Maestà. La chiamava Muñeca ed anche Andalusa. La relazione finì nel 1924.
- I testi del
Álbum Terusa, 1923, in OCGC, vol. IV, pp. 269-278; ed in pp. 1236-1238 le mie note allo stesso album con informazione su Teresa León Battiens (alias Teresa Vásquez).

1

[Santiago, 1922]


Ricordi -là - i pomeriggi nei biografi quando ci guardavamo lungamente? Ancora non ci parlavamo, ma già tu mi facevi felice. Mi sembrava che si unissero la mia anima e la tua e mi riempivo di un'allegria immensa, tanto grande, tanto grande.
-Pablo.

2

[Santiago, 1922]


Autunno, e tu sei sempre bella ed allegra come quella Primavera in cui imparai a desiderarti.
-Pablo.

3

[Santiago, 1923]


Ed io, tu lo sai, cado improvvisamente in attacchi di solitudine, di stanchezza, di tristezza, che non mi lasciano fare niente e che mi recdono amara la vita. Perchè scriverti durante quei momenti! Ed allora, in quelle ore che mi prendono all'improvviso, che dolce, che bello è ricevere lettere lontane, dalla donna amata, da te, e tornare a volere la vita e tornare a rallegrarsi!
-Pablo.

4

[Santiago, 1923]


Ha piovuto ieri, anche oggi. Mi sono riempito di nostalgia. Ah, la mia vita lontana! Tutto è lontano, la mia infanzia, i miei pensieri, dopo tu, e le piogge eterne cadendo sul tetto, tutto quel mondo definitivamente abbandonato mi ha riempito la testa di vecchie meditazioni e vecchi ricordi. Amami, Piccola.
-Pablo.

5

[Santiago, 1923]


Finì già la neve. Ti ho parlato, Regina, delle stelle e della neve. Di che cosa vuole di più S.M. che gli parli questo poeta? Posso parlarti di molte cose. Il mio regno è più grande del tuo. Tu sei regina della Primavera mentre io sono re dell'Autunno e dell'Inverno. Perciò sono a volte triste, triste come sera di crudo inverno.
-Pablo.

6

[Santiago, 1923]


Qui ti mando un veduta mia e della mia stanza. Quello è il mio angolo preferito. Quante ore passate in quel pezzo di terra che puoi guardare ora! Ne ho altre. Tu... le vuoi?
-Pablo.

7

[Santiago, 1923]


Fai attenzione alla bellezza di questo principio di Autunno? A volte i pomeriggi sono meravigliosi. Per i parchi, quante foglie cadute tanto gialle e tanto morte! Le notti sono chiarissime ed incominciano ad essere fredde. Mi corico sempre di più tardi e quando arrivo scrivo lettere, a volte con la finestra aperta. A volte, a momenti, la mia vita non la cambierei con quella del principe più elevato.
-Pablo.

8

[Santiago, 1923]


È notte e sono appena arrivato. Quanto darei per stare con te in questa notte di stelle! Che cosa stai facendo? Io lavoro. Ti invio un ritratto molto brutto. Lo vuoi? È deformato. Mi scriverai? Mi vorrai? A domani. Un bacio. Due. Tre. Quattro. Un altro ancora.
-Pablo.

9

[Santiago, 1923]


In questi ultimi tempi mi sono dedicato a fare questi bivertenti "disegni." Sono i miei migliori amici. Questo che è su queste righe [una figura di un uomo che corre, disegnata con alcuni "bacchette" o tratti magri] può chiamarsi Pepe. È il più corridore di tutti, perciò è il più magro. Gli ho incaricato una quantità di baci per te. Anche te lo do come schiavo. Puoi comandargli quello che vuoi. Sa molto di amore e è - come si potrebbe pensare - un esimio ballerino. Pepe può rimpiazzare con correttezza, nella domenica dell'International Tennis Club, qualche giovincello che volesse abbracciarti sotto pretesto di ballare
shimmy. -Pablo

10

[Santiago, 1923]


Ti confesso la mia delusione di tutto, quando tu hai diritto - avrai? - ad essere il mio incantesimo unico. Ti parlo con tristezza della mia mancanza di fede in tutte le cose, della mia solitudine e della mia necessità che mi comprendano, quando tu, simpatica Piccola, potresti essere la mia fede, la mia compagnia e la mia speranza. E questo, dimmelo, non ti causa dolore alcuno? Dimmelo, non hai pensato mai a queste cose che mi battono a martellate nel cuore? Non hai abbandonato mai la tua testa di signorina per pentirti un pò dell'abbandono da questo ragazzo che ti ama?
-Pablo.

11

[Santiago, 1923]


Senza alcun dubbio non ti ricordi di me. Invece io ho scritto questi versi pieni del tuo ricordo, del tuo ricordo che è l’unico bello che ho.
-Pablo.

12

[Santiago, 1924]


E tanto lontano siamo - vero, Terusa? Ci allontaniamo, vero? O sembra a me, non più?
-Pablo.

13

[Santiago, 1924]


Il tua vita, Dio, se esiste, vorrà farla buona e dolce come io la sognai. La mia? Che cosa importa! Mi perderò per una strada, uno delle tante che ci sono nel mondo. Non sarà il tuo sentiero la mia, non concluderai quando io concluda, e le mie scarse allegrie non arriveranno ad illuminarti, ma quanto ti ho amato! Terusa, e perché questo amore grande non deve potere riempire il vuoto di questa separazione?
No, non posso scriverti oramai. Ho una pena che mi stringe la gola o il cuore. La mia Andalusa, tutto terminò? Dì di no, di no, di no.
-Pablo.

Messaggi copiati dalla destinataria in Álbum
Terusa 1923
e riprodotti in AUCh, núm.
157-160,gennaio-dicembre di 1971, pp. 52-55.




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