- 1967 - Splendore e morte di Joaquín Murieta
1967 - SPLENDORE E MORTE DI JOAQUÍN MURIETA
Bandito cileno giustiziato in California il 23 Luglio 1853
Antecedente
II fantasma di Joaquín Murieta seguita ad aggirarsi per la California.
Nelle notti di luna lo si vede percorrere, sul suo cavallo vendicatore, i freddi altipiani di Sonora o sparire nella solitudine della Sierra Madre messicana.
I passi del fantasma, tuttavia, son diretti verso il Cile, e questo lo sanno bene i cileni delle campagne e del popolo, i cileni delle miniere, montagne, steppe, cascine, i cileni del mare, del golfo di Penas.
Quando partì da Valparaíso per conquistare l'oro e cercar la morte, non sapeva che la sua nazionalità sarebbe stata estesa e la sua personalità frantumata. Non sapeva che il suo ricordo sarebbe stato decapitato come egli lo era stato da quelli che lo giustiziarono.
Ma Joaquín Murieta era cileno.
Io ne ho visto le prove. Ma queste pagine non hanno come obiettivo quello di provar fatti o ombre. Al contrario. Ma fra fatti e ombre corre il mio personaggio invisibile. Lo circonda una tempesta di fuoco e di sangue, di avidità, di violenza e di rivolta.
Joaquín Murieta diede tanto da fare che ora lo vogliono addirittura cancellare dalle carte. Ultimamente si è aggiunta alle altre una nuova teoria. Che non vi sarebbe stato un solo Murieta, ma molti: non un Joaquín, ma sette. Sette capi, sette bande.
Questo è un modo ulteriore per dissolvere il ribelle. Io non l'accetto.
Perché chi si accosta alla verità e alla leggenda del nostro bandito sente il suo sguardo magnetico.
La sua testa tagliata reclamava questa cantata e io l'ho scritta non solamente come un oratorio insurrezionale ma anche come un atto di nascita.
I suoi documenti di identità andarono perduti nei terremoti di Valparaíso e a seguito delle lotte per l'oro. Doveva quindi nascere di nuovo, a suo modo, ombra o fiamma, protagonista di un'epoca dura, vendicatore senza speranza.
Se mi son lasciato trascinare dal vento della furia che lo accompagnò, se le mie parole dovessero apparire eccessive, ne sarò contento.
Perché nell'intraprendere questo canto forse cercai solo di accostarmi alle imprese del ribelle. Ma questo mi fece diventare partecipe della sua esistenza. Perciò rendo qui testimonianza del fulgore della sua vita e della portata della sua morte.
PABLO NERUDA
«Dopo un mese di residenza, contemplai San Francisco sotto altri aspetti. Percorsi il quartiere cinese, quello messicano, il Piccolo Cile (come chiamano la parte dove abitano le donne di Valparaíso), e tutto aveva un carattere strano e unico. Era una agglomerazione di città, una Babilonia di tutti i popoli. Nelle vie si udivano tutte le lingue moderne, dalla Cina a Pietroburgo, dalla Norvegia alle isole Sandwich. Si vedevano abiti di tutte le nazioni e c'erano sarti per tutti i gusti. I cinesi coi pantaloni di panno nero, stretti, la blusa azzurra e il codino lungo fino ai ginocchi, il messicano col suo sarape o coperta, il cileno col suo poncho, il parigino col suo camiciotto, l'irlandese con la giubba lacera e il cappello di feltro ammaccato, il yankee, sempre eccessivo in tutto, con la camiciola di flanella rossa, gli stivali e i pantaloni fermati alla vita.
Uscii un po' fuori città e su certe colline sabbiose che dominavano tutta la bella baia, sotto un boschetto di arbusti, trovai alcune centinaia di lapidi sparse in disordine e la maggior parte con un coperchio di legno. Quel posto e gli epitaffi su ciascuna pietra costituivano una lezione terribile per quanti arrivavano là. Il becchino aveva scritto lì la storia della California. Assassini!, naufragi, morti di fame o di dolore, giuramenti di vendetta scritti da qualche fratello sui mani immolati di un fratello, questo era il riepilogo degli epitaffi. La maggior parte dei sepolti erano giovani di venti o trent'anni.
Rafael Martínez fu forse la prima vittima cilena immolata in questo paese così inclemente verso il nostro nome. Morì annegato nella baia. Altri morirono di colera e di peste, altri della pallottola del fucile dei Lupi, chi di una coliellata a tradimento, chi col coltello in mano difendendo il suo tesoro e la sua vita ».
Dal volume Viaggi di Benjamín Vicuña Mackenna,
Stamperia del «Ferrocarril», 1856.
Prefazione
Questa è una composizione tragica, tuttavia in parte essa è scritta anche in maniera giocosa. Vuoi essere un melodramma, un'opera e una pantomima.
Dico questo al REGISTA, affinchè inventi situazioni e oggetti fortuiti, costumi e scenografie.
Le stelle che appaiono in una scena devono aprirsi grandi quanto una ruota al di sopra degli spettatori. I Vigilanti (precursori del Ku-Klux-KIan) possono arrivare su cavalli di legno, i frequentatori del cabaret possono avere baffi incredibili. Il coniglio può essere sostituito da colombe. Se è possibile, farsi aiutare da un assistente cinematografico. Un veliero deve apparire costantemente in un riquadro della scena, durante il viaggio del brigantino.
L'idea del corteo funebre, che deve avere molta pateticità, ma non una pateticità da quattro soldi, perché confina col grottesco, l'ho presa da un indimenticabile spettacolo di una pièce No che vidi a Yokohama, in un teatro di periferia, dove entrai come un marinaio qualsiasi e sedetti al suolo. Nella pièce mi colpì un corteo funebre e ho sempre pensato che un giorno avrei dovuto comunicare in qualche modo quella profonda emozione.
Non ho vanità di autore teatrale e, come si può vedere, do abbastanza prova delle mie limitazioni. Inoltre, non ho capito mai di che cosa trattasse quell'opera giapponese. Spero che succeda lo stesso agli spettatori di questa tragedia.
Ringraziamento e avvertenze
Alle persone e istituzioni che generosamente mi aiutarono a studiare l'itinerario di Joaquín Murieta, in libri o nei luoghi, i miei più vivi ringraziamenti.
Specialmente a:
Library of Congress, Washington
Signora Peggy de Aguilera, Washington
David Valjalo, Hollywood, California
Fernando Alegría, Berkeley, California
Alta California Bookstore, Berkeley, California
José Papic, Antofagasta, Cile
Lautaro Guerra, Santiago del Cile
Armando Uribe, poeta e saggista cileno
Jorge Sanhueza, dell'Università di Cile
e soprattutto al direttore Pedro Orthous, i cui consigli sono stati di un valore inestimabile per la rappresentazione di questa cantata ad opera dell'ITUCH
e al compositore Sergio Ortega, autore della musica.
Il piccolo discorso di Rosendo Juárez è la versione autentica presa da The last of the California Rangers, di Jill L. CossIey-Batt, Funk and Wagnalls Company, New York-London 1928.
SPLENDORE E MORTE DI JOAQUÍN MURIETA
ATTORI
Juan Tre-Dita
Adalberto Reyes, impiegato
Tre donne cantanti
II Cavaliere Imbroglio
Un venditore da fiera (lo stesso Cavaliere Imbroglio)
Un venditore di uccelli
Un sonatore ambulante
L'indio Rosendo Juárez
Incappucciati e Corifei
Gruppi di contadini, minatori e pescatori e gruppi di donne che si suppongono spose o parenti dei suddetti. Tutti hanno qualche caratteristica nazionale e intervengono alternativamente nelle scene intitolate CORO.
La voce del poeta
La voce di Joaquín Murieta
La voce di Teresa Murieta
Coro di Strilloni
Coro di Tentatori
L'azione si svolge in sei quadri:
1. La partenza.
2. La traversata e le nozze.
3. El fandango.
4. I Lupi e la morte di Teresa.
5. Splendore di Joaquín.
6. Morte di Murieta.
PROLOGO
Si spengono tutte le luci del teatro.
VOCE DEL POETA
Questa è la lunga storia di un uomo ardente:
un uomo schietto, coraggioso, la sua memoria è un'azza da guerra,
È tempo di schiuder la quiete, il sepolcro del chiaro bandito,
rompendo l'oblio ossidato che ora lo interra.
Non trovò forse la sua via quel Soldato, ed è per me un tormento
non aver conversato con lui, e con una bottiglia di vino
aspettato nella storia che un giorno passasse il suo grande reggimento.
Forse quell'uomo perduto nel vento avrebbe cambiato il cammino.
Il sangue versato mise nelle sue mani un fulmine violento;
cento anni son passati e non si può più smuovere il suo destino:
ci tocca iniziare senza di lui e senza vino in quest'ora quieta
la storia del mio co Questa è la lunga storia di un uomo ardente:
un uomo schietto, coraggioso, la sua memoria è un'azza da guerra,
È tempo di schiuder la quiete, il sepolcro del chiaro bandito,
rompendo l'oblio ossidato che ora lo interra.
Non trovò forse la sua via quel Soldato, ed è per me un tormento
non aver conversato con lui, e con una bottiglia di vino
aspettato nella storia che un giorno passasse il suo grande reggimento.
Forse quell'uomo perduto nel vento avrebbe cambiato il cammino.
Il sangue versato mise nelle sue mani un fulmine violento;
cento anni son passati e non si può più smuovere il suo destino:
ci tocca iniziare senza di lui e senza vino in quest'ora quieta
la storia del mio c0mpatriota, l'onorevole bandito Joaquí Murieta. mpatriota, l'onorevole bandito Joaquí Murieta.
QUADRO PRIMO
Porto di Valparaíso. La partenza
Si accendono tutte le luci della scena. Musica. Il Coro e tutti i personaggi entrano come in una presentazione circense.
CORO
È una lunga storia che più tardi sgomenta e che per ora inizia quaggiù
in questa terra strozzata che il Polo ci diede e il mare e la neve si disputano,
qui tra le tegole, i peri, la pioggia, brillava l'uva cilena
e come coppa d'argento che colma la notte scura di pallido vino
la luna del Cile cresceva tra i nostri alberi e arbusti, e basilico, origano, fagioli, alloro, rugiada;
un bimbo bruno venne allora alla luce del pianeta
e nell'ombra serena è il fulmine che nasce, si chiama Murieta.
Nessuno immagina che al lume di luna un fulmine nascente
dorma nella culla mentre si occulta tra i monti la luna:
è un bimbo cileno color oliva e i suoi occhi ignorano il pianto.
La mia patria gli diede medaglie di duri campi, della pampa ardente:
come se avesse forgiato col freddo e col fuoco per una battaglia
il suo corpo di aratro; la sua voce è una sfida e le sue mani due minacce.
La febbre dell'oro percorre la terra del Cile dal mare ai monti
e ora comincia la sfilata dall'orizzonte al Porto, il sortilegio irresistibile
spopola Chigliota, disgrega Cochimbo, le navi aspettano a Valparaíso.
Tutto il Coro saluta, gli uomini con la mano al cuore e le donne agitando mazzi di fiori.
SCENA NEL PORTO DI VALPARAISO
Proiezione di una panoramica di Valparaiso nel 1850, da un'incisione di Rugendas. Una banda di paese esegue il motivo di una ritirata che anima la passeggiata del piazzale. Passeggiano damerini e straccioni. Tra i passeggiatori è don Vicente Pérez Rosales.
PRIMO STRACCIONE Non c'è nulla come il Porto! Non esiste una passeggiata come questa! Guarda che eleganza!
SECONDO STRACCIONE Bisogna distinguere, amico. C'è eleganza e eleganza!
PRIMO STRACCIONE C'è cappello a cilindro e cappello a cilindro! C'è lobbia e lobbia!
TERZO STRACCIONE Quello che sta passando ora è don Vicente.
QUARTO STRACCIONE Quale don Vicente?
TERZO STRACCIONE Don Vicente Pérez Rosales, lo scrittore.
QUARTO STRACCIONE Saprà niente dell'oro?
TERZO STRACCIONE Non vedi che è uno scrittore. Don Vicente sa tutto.
QUARTO STRACCIONE Allora, chiediamogli qualcosa!
TERZO STRACCIONE Non ne ho il coraggio.
QUARTO STRACCIONE Su, lanciati!
TERZO STRACCIONE Va bene! Don Vicente!
DON VICENTE Che c'è, ragazzi?
TERZO STRACCIONE Che ne sa dell'oro, don Vicente? Dicono che in California ci sono montagne di oro !
DON VIGENTE Per ora è prematuro. Per ora son solo voci, chiacchiere dorate. Ma se l'oro c'è, vi andremo a fare un giro. In quanto a vagabondare non mi batte nessuno. Vedremo cosa dice la stampa.
Poi dall'ingresso della sala, attraverso il pubblico, e tornando indietro, irrompe il
CORO DI STRILLONI
II Supplemento della «Ferrovia»!
Il Supplemento del « Mercurio » !
L'oro in California!
Grande scoperta!
Comprate il Supplemento!
L'oro in California!
«La Ferrovia»!
Montagne di oro!
Fiumi di oro!
Sabbie d'oro!
Comprate il Supplemento!
L'oro in California!
Sfilata di maschere di Tentatori sulla parte alta dello scenario. Maschere di texani, incappucciati, ecc. Dietro la scena, una Voce stentorea dall'accento straniero, molto amplificata.
VOCE DEI TENTATORI
Gold! Gold!, Venite a prender l'oro, cilenini! Gold! Gold!
Non più miseria. Tutti a San Francisco. Qua si regala!
Alla nave! Alla marina! Piccoli sottosviluppati!
Gold! Gold! Gold!
Affamati! Assetati! Venite a me, son l'oro! Venite in California!
Con l'oro si compra il toro! Con l'oro si compra il moro!
CORO
È aumentata la carne!
Non c'è più latte!
Vogliamo mangiare!
Vogliamo vestirci!
VOCE DEI TENTATORI
Venite a me, son l'oro! Ce n'ho per tutti! Qui parla la voice of California. Qui c'è l'oro!
CORO (scagliando in terra cappelli, abiti, cesti)
Andiamo all'oro!
Andiamo all'oro!
Basta con la fame!
(Le donne del Coro gettano in terra i fiori e li calpestano).
All'oro! All'oro!
(Gli Strilloni si levano gettando in terra i giornali e gridando con gli altri).
All'oro! In California! All'oro! All'oro!
(Sospesi nella parte alta della scena passano lentamente da una parte all'altra braccialetti, orologi, enormi anelli e gioie, tutti con una doratura sgargiante. La scena è diventata frenetica).
Basta col decoro !
Andiamo a cercar l'oro!
Con l'oro si compra il moro!
Basta col decoro!
Andiamo a cercar l'oro!
Con l'oro si compra il toro!
Durante la scena anteriore il Coro arma un brigantino e issa le vele. Canzone marinara. Il Coro tira le corde che ormeggiano l'imbarcazione, avvicinandola alla scena, mentre cantano. La canzone cala. Il Coro entra nel brigantino.
CANZONE MARINARA
Addio, addio, addio,
si va in un mondo migliore.
Addio, addio, addio,
la nave ha preso l'avvio.
Addio, addio, addio,
fuggendo la fame e il freddo,
addio, addio, addio,
lasciamo il suolo natio,
addio, addio, addio,
in cerca d'altro migliore.
Addio, addio, addio,
addio, addio, addio!
Tra gli ultimi rumori del coro anteriore, comincia il dialogo tra l'Impiegato e Tre-Dita, che durante la baraonda precedente hanno installato un tavolo, una sedia e dei fogli.
DIALOGO
IMPIEGATO Senta! Senta! Non può entrare!
TRE-DITA Allora me ne vado!
IMPIEGATO Nossignore, di qui non si esce.
TRE-DITA Cosìcché non si può entrare?
IMPIEGATO No.
TRE-DITA E neanche uscire?
IMPIEGATO No.
TRE-DITA E allora che faccio?
IMPIEGATO È meglio che lei non esca e non entri.
TRE-DITA E come faccio?
IMPIEGATO Vado a vedere le istruzioni. Di dov'è lei? Dove va? Come si chiama? Che cosa vuole?
TRE-DITA Ora va bene. Mi chiamo Juan Tre-Dita. Vado in California. Mi imbarco con don Joaquín Murieta.
IMPIEGATO Ha già tutto?
TRE-DITA Certo. Ho la pala, il piccone. Che altro? Ho i pantaloni.
IMPIEGATO Ha l'attestato di sopravvivenza?
TRE-DITA Che cos'è?
IMPIEGATO Ha il certificato di matrimonio o la ricevuta di concubinato?
TRE-DITA Non credot
IMPIEGATO Ha la cedola di ricchezza?
TRE-DITA Com’è?
IMPIEGATO È un foglietto rosa.
TRE-DITA (si fruga e mostra un foglietto rosa) È questo?
IMPIEGATO No. Quella è una bolletta di pegno.
TRE-DITA Non serve?
IMPIEGATO Vediamo cosa ha impegnato? Un violino! Che roba! No, non serve. Ha il bollo delle tasse? Il certificato di eruzione? Ha carrozze?
TRE-DITA No. Ho lasciato il mio cavallo a Chilicura.
IMPIEGATO Ha un cane?
TRE-DITA Lo avevo.
IMPIEGATO Ha un gatto?
TRE-DITA Non ce l’ho.
IMPIEGATO Insomma non ha niente. Mi lasci qui la bolla di pegno e torni l’anno venturo. Non ha certificato di nascita?
TRE-DITA Non ho nessuna nascita.
IMPIEGATO Allora la metteremo tra i non nati. Questo le creerà delle complicazioni.
TRE-DITA Le porto un certificato di complicazioni?
IMPIEGATO Non faccia lo spiritoso. Dove ha detto che andava?
TRE-DITA Me ne vado con Murieta a cercar l’oro. Ci imbarchiamo sul brigantino.
IMPIEGATO E perché non l’ha detto prima? Perché mi fa perdere tempo?
TRE-DITA Non ci avevo pensato. Se vuole ci andiamo insieme.
IMPIEGATO Forza, allora! Ce n’ho fino alla cima dei capelli di queste scartoffie! Timbra e timbra tutto il santo giorno. Con la miseria che ci dànno. Dove mi ha detto che c’è l’oro?Dove si trova?
TRE-DITA In California, le ho detto. È lì che se ne stanno andando tutti.
IMPIEGATO Svelti, alla nave! Partiamo! Mi aiuti solo a far dei pacchi e ce ne andiamo subito.
TRE-DITA Senta, perché non ce ne andiamo senza far pacchi, invece? A che ci servono tutte queste stupidaggini? È meglio strapparle.
IMPIEGATO Ma come le viene in mente? Si tratta della documentazione, dell’iscrizione, della circoscrizione, della numerazione …
TRE-DITA E della respirazione … Al diavolo le carte … Ritorneremo qui nuotando nell’oro.
IMPIEGATO Sa che mi ha convinto?
TRE-DITA Vediamo come sono i certificati. (Scaglia un foglio in aria).
L’Impiegato fa timidamente lo stesso. Poi gettano a piene mani mucchi di fogli che volano per la scena. Nello stesso tempo cade anche dall’alto una pioggia di fogli.
IMPIEGATO E io che volevo darle il certificato di babbeo!
Camminano sottobraccio verso la nave, seguiti da un gruppo di quattro o cinque ritardatari, fra i quali una Bambina. Ricantano tutti in sordina la canzone marinara che viene interrotta quando qualcuno chiama Murieta.
UNO Murieta!
TUTTI Joaquín! Joaquín Murieta!
Silenzio. Tutti restano assorti, in attesa, meno la Bambina che torna all’estremità della scena e tende la mano verso un fascio di luce caduto lì, mentre simultaneamente appare sulla vela maggiore la proiezione di una luce verde e bianca che darà l’impressione dei monti cileni con vigneti e neve in alto. Su questo paesaggio la sagoma di un uomo che avanza finchè se ne vede solo il profilo che contempla l’orizzonte. Sulla scena son calate le luci. Mentre la Bambina e la luce rimangono accanto alla nave, e il profilo della vela, si ode su un fondo musicale il seguente Coro:
CORO
Crescendo all'ombra di flessibili salici nuotava nei fiumi, domava puledri, lanciava
il lazo,
nell'impeto ardeva, educava le braccia, l'anima, gli occhi e si udivano cantare gli sproni,
quando dal fondo dell'autunno rosso scendeva al galoppo sulla cavalla di stagno,
veniva dalla Cordigliera, da pietre irsute, da picchi alteri, da un vento inumano,
e aveva fra le mani l'urto vicino del fiume che sferza e separa la neve fragrante e giacente.
Lo percorreva uno spirito libero, quella virtù selvaggia che tocca la fronte
degli indomiti e segna d'ira e nobiltà l'orgoglio di certe teste
che serba il destino nei suoi atti di fuoco e di purezza, e così l'eletto
non sa che è predestinato e che deve uccidere e morire nell'impresa.
UNA VOCE LONTAMISSIMA Joaquín! Joaquín Murieta!
BAMBINA Viene!
La luce entra nella nave. La proiezione sfuma. Oscurità totale.
VOCE DEL POETA
Così son le cose, amico, ed è bene apprenderle e che sappia e conosca
i versi che ho scritto e che li ripeta raccontando e cantando il ricordo di un libero cileno proscritto
che andando e andando e morendo fu un mito infinito:
la sua infanzia ho cantato ora e sappiamo che l'itinerante andò assai lontano,
Un giorno uccisero il cileno errante, Io narrano i vecchi di notte attorno al braciere,
ed e come se parlasse la palude, la pioggia che sibila o sul ghiacciaio piangesse nel vento la neve lontana
perché da Aconcagua partì su un veliero cercando nell'acqua un cammino
e in Califomia la morte e l'oro chiamavano con voci ardenti che infine decisero il suo nero destino.
QUADRO SECONDO
La traversata e le nozze
Si accendono le luci sulla scena. Ponte della nave. Si vede nitidamente solo l'enorme vela. Sparsi sul ponte, e appena visibili, gli uomini dell'equipaggio sono immobili e sul punto di dar vita al ballo della cueca. Avanzano gli Attori mettendosi in piena luce nel proscenio e recitano il seguente coro. Mentre lo recitano, una proiezione di ombre cinesi sulla vela balla in silenzio una cueca che mima l’incontro e l'innamoramento di Teresa e Joaquín.
CORO
Ma nel cammino marino sul bianco inciuffato brigantino
l'amore sopraggiunge e Murieta scopre di due occhi lo sguardo scuro
e ora non è più sicuro, e si smarrisce nella nuova certezza;
si chiama Teresa l'amata ed egli non ha mai conosciuto donna contadina
come questa Teresa che bacia la sua bocca e il suo sangue, e nel vasto oceano,
con la nave perduta nella nebbia, l'amore si compie e Murieta sente che è questo l'amore infinito,
e sa forse che è scritta la sua fine e che la morte l'aspetta
e chiede a Teresa, sua promessa e donna, di sposarsi con lui sulla nave veliera
e nella primavera marina, Joaquín, domatore di cavalli, prese in sposa Teresa, donna contadina,
e gli emigranti in cerca dell'oro inumano e lontano celebrano quelle nozze
mentre le onde elevano il loro eterno lamento:
è strano il cieco gioco dell'uomo nel rito dell'effimera allegria:
l'amore ha acceso sulla nave una fiamma: non sanno che è incominciata già la agonia.
Si accendono le luci sul ponte. Cielo scuro, È notte. L'ombra cinese è scomparsa. Gli uomini dell'equipaggio riprendono i loro movimenti applaudendo la cueca che è stata ballata. Ci sono ghirlande, strisce di carta colorata, fiori, vasi, bottiglie; si accordano chitarre.
VOCI Un'altra cueca!
UN ALTRA VOCE Andate a dormire!
UN ALTRA VOCE Gli sposi se ne sono andati!
UN ALTRA VOCE Andiamo a spiarli dal buco della serratura!
UN ALTRA VOCE La cueca!
UN ALTRA VOCE C'è ancora una cueca, paesani!
ALTRE VOCI Forza!
Nel mezzo della baraonda, gli uomini entrano cantando la Canzone maschile. La scena raggiunge punte di vera baldoria. Atmosfera non soltanto di orgia ma di cieca sfida alla morte. Spaventate, le donne si avviluppano nei loro mantelli neri e si ritirano verso il fondo della scena.
CANZONE MASCHILE
Amici, in California
me ne vo, me ne vo;
se m'arride la sorte,
sai dove sto;
se vi trovo la morte,
cileno son.
Sono il cileno valore:
porto il pugnale fra i denti
ed è d'acciaio il mio cuore
se difendo i poveretti.
Stiamo attenti, dico a tutti
quando si danno si prendono,
non produrrò certo i frutti
perché gli altri se li mangino.
L'oro della California
è come l'avessi in tasca;
Io saprà disinterrare
la punta del mio coltello.
E chi se ne vuoi tornare,
può farlo: ecco lì il mare;
chi non intende lottare
per le armi non è nato.
Se ne ritorni per mare
a nuotare con i pesci.
Amici, in California, ecc.
Un violento baleno interrompe a un tratto la baldoria degli uomini, che restano immobili. Le donne, durante la Canzone maschile, sono avanzate lentamente con un movimento avvolgente, ai due lati della scena, restando di spalle al pubblico. Quando appare il baleno, si voltano bruscamente verso di esso e dicono il seguente Coro femminile, o all'unisono, o in gruppo o con soliste, mentre il ritmo è sostenuto da colpi di timpano.
CORO FEMMINILE
Ora l'ora sul bastimento per noi canta e implora,
disegnano l'onde l'eterna amata sfilata:
l'anima mia com'è sola quando dalla distanza smorzata
la patria mia s’allontana, non vedo le coste del Cile!
Dicono gli uomini amati che andiamo in cerca dell'oro,
per terra e per acqua, per fuoco e per freddo li seguiremo;
la madre ferita, il padre sepolto lasciamo per loro,
per loro lasciamo la povera casetta presso il Bio-Bio.
Ahi, neri presagi ci dicono che non torneremo,
che non rivedremo di Angol le colline ondeggiare col grano,
l'oro dei campi, la luna cilena non rivedremo,
e forse l'oro che andiamo cercando sarà il nemico
e per cambiar terra
e per mala sorte
ci farà guerra
ci darà morte.
Si ritirano le donne e gli uomini riprendono il loro frenetico movimento, cantando di nuovo la strofa: «Amici, in Calitomia ». Quando la strofa termina, grandi applausi e risate che vengono interrotte da:
VOCE DEL POETA -
Silenzio, ragazzi, la rotta del bastimento, la notte, la luna, le stelle
vogliono un silenzio di miele per la luna di miele.
I mattacchioni si ritirano in punta di piedi, con un dito davanti alle labbra per indicare silenzio. Calano tutte le luci sulla scena. Cielo intenso. Notte stellata. Un fascio di luce illumina Tre-Dita e Reyes. che, a bordo, appoggiati a un parapetto, guardando l'orizzonte conversano.
Si vedono solamente le loro facce.
DITAlOGO FRA TRE-DITA E REYES
REYES Come mi annoiavo alla dogana! Ma ora ho il mal di mare. Per me è troppo. E questo matrimonio di Murieta con Teresita. Come se lo spiega lei, signor Tre-Dita? Non le pare troppo precipitoso?
TRE-DITA II fatto è, amico Reyes, che lei appartiene alla categoria dei posati e Murieta a quella degli affrettati. La ragazza gli è piaciuta e ora son lì nel camerino bell'e sposati a far le tortorelle. E non stanno perdendo il tempo come noi.
REYES Quanto mare da ogni parte, persino sotto la nave. Non si vede più la costa da nessuna parte. La verità è che senza dogane non si può vivere. Ora stesso io me ne torno a Valparaiso.
TRE-DITA Per me lei ha avuto sempre una faccia da certificato, signor Reyes. Ma queste son parole grosse. Se si getta in acqua, non andrà molto lontano. Fino alla pancia di un pesce e non oltre. L'uomo vale sulla terra e non sotto l'acqua. Starebbe molto male laggiù, signor Reyes. E non c'è oro nel mare.
REYES Lei di dov'è, Tre-Dita?
TRE-DITA Son del Nord, di Copiapó, perché lo sappia; son minatore. Là nella mia terra, fra due picchi, ci ho lasciato due dita, ma non ne avverto la mancanza. Quand'anche me ne dovesse rimanere uno solo, si può sempre premere il grilletto.
REYES Che grilletto? Perché mi vuole spaventare, amico?
TRE-DITA Come faccio a spaventarla se è già spaventato da un pezzo?
REYES Crede che ci sarà baruffa?
TRE-DITA Dove c'è oro, c'è baruffa, caro amico. Così è questa zuppa. E così ce la mangiamo. Il sapore non ha importanza.
REYES Mi racconti un po' di Murieta. Lo conosce bene?
TRE-DITA Quel ragazzo l'ho visto crescere. Ma non si può sbagliare. È un piccolo capo. Diritto come un'asta da bandiera. Ma bisogna andar piano con lui. Non tollera gli abusi. È nato con questa intolleranza. Io sono come un suo zio o come la sua guida. Dove va, lo seguo. Dividiamo la sorte dei poveri, il pane dei poveri, le bastonate dei poveri. Ma non mi lamento. Noi, nella miniera, sappiamo sopportare. E quando appare il minerale è come scoprire una stella.
REYES Non esageri, amico, non c'è stelle quaggiù.
TRE-DITA Guardi in alto. Stanno brillando come per salutare la nostra partenza. Son le stelle del Cile. Le più belle di tutte. Sembrano gelsomini! Lì nel Nord, nella pampa, sui monti, la notte è più scura, le stelle son più grandi. A volte nella notte avevo paura. Mi pareva che, ad alzare il capo, avrei potuto dare una zuccata contro di esse, facendole andare in pezzi sulla nostra miseria. Quante saranno?
REYES Ma quaggiù non ce n'è nessuna.
TRE-DITA Ce ne sono, amico mio, ma bisogna conquistarsele. Chi non sa impara, compare. E forse lassù ce n'è qualcuna anche per noi. Guardi, quella che le fa l'occhietto dev'esser la sua. E quella rossa è la mia.
REYES E quella di Murieta?
TRE-DITA Ce l'ha calda calda nel suo letto, in cabina.
La scena si va spegnendo e le stelle cominciano a ingrandirsi fino a trasformarsi in enormi fiori di luce. Si vede solo un occhio di bue illuminato, da dove provengono la Voce di Murieta e la Voce di Teresa Murieta. Si ode il rumore del mare.
DIALOGO D'AMORE
VOCE DI MURIETA
Apparteneva a me ciò che mi hai dato:
della mia libertà ti do il suggello.
Io sono un paria, sono un disperato:
non ho di mio che l'ossa ed un coltello.
Crebbi sfrenato, fui di me padrone;
ma quando questo sogno è incominciato
mi sono reso conto che ero tuo.
Prima ero solo orgoglio smisurato.
VOCE DI TERESA
Son di Coihueco alta, contadina,
venuta sulla nave ad incontrarti;
e se da viva ti darò la vita
della mia morte dono saprò farti.
VOCE DI MURIETA
Son le tue braccia come violacciocca
di Carampaghe e i pini ed i noccioli
mi chiamano dalla tua altera bocca.
E i t VOCE DI MURIETA
Apparteneva a me ciò che mi hai dato:
della mia libertà ti do il suggello.
Io sono un paria, sono un disperato:
non ho di mio che l'ossa ed un coltello.
Crebbi sfrenato, fui di me padrone;
ma quando questo sogno è incominciato
mi sono reso conto che ero tuo.
Prima ero solo orgoglio smisurato.
VOCE DI TERESA
Son di Coihueco alta, contadina,
venuta sulla nave ad incontrarti;
e se da viva ti darò la vita
della mia morte dono saprò farti.
VOCE DI MURIETA
Son le tue braccia come violacciocca
di Carampaghe e i pini ed i noccioli
mi chiamano dalla tua altera bocca.
E i Cuoi capelli odorano di monti.
Vieni al mio fianco un'altra volta adagiati,
acqua di fiume limpido e gelato,
e lascerai il mio petto profumato
di legno sotto il sole e la rugiada.
VOCE DI TERESA
È vero che l'amore arde e separa?
È vero che si spegne con un bacio?
VOCE DI MURIETA
Far domande all'amore è cosa rara;
e chiedere ciliege ad un ciliegio,
Io di Rancagua il grano ho coltivato,
a Melipiglia vissi come un fico.
Quello che so dall'acqua l'ho imparato,
dal vento, dalle più semplici cose.
Per questo te, senza nessuna scienza,
t'ho vista e amata, e t'amo, mia diletta,
Sei stata la mia unica impazienza,
prima di te mai nulla volli avere.
Ed ora voglio l'oro per il muro
che dovrà custodir la tua bellezza.
Sarà d'oro per te, ma agli altri duro
questo mio cuore come una fortezza.
uoi capelli odorano di monti.
Vieni al mio fianco un'altra volta adagiati,
acqua di fiume limpido e gelato,
e lascerai il mio petto profumato
di legno sotto il sole e la rugiada.
VOCE DI TERESA
È vero che l'amore arde e separa?
È vero che si spegne con un bacio?
VOCE DI MURIETA
Far domande all'amore è cosa rara;
e chiedere ciliege ad un ciliegio,
Io di Rancagua il grano ho coltivato,
a Melipiglia vissi come un fico.
Quello che so dall'acqua l'ho imparato,
dal vento, dalle più semplici cose.
Per questo te, senza nessuna scienza,
t'ho vista e amata, e t'amo, mia diletta,
Sei stata la mia unica impazienza,
prima di te mai nulla volli avere.
Ed ora voglio l'oro per il muro
che dovrà custodir la tua bellezza.
Sarà d'oro per te, ma agli altri duro
questo mio cuore come una fortezza.
VOCE DI TERESA
Solo il baluardo della tua statura
io voglio e solo l'oro del tuo aratro,
la protezione della tenerezza:
il mio amore è un castello delicato,
la mia anima ha in te la sua armatura.
La protegge il tuo amore innamorato.
VOCE DI MURIETA
Amo la voce tua che corre pura
come voce di un'acqua in movimento,
Ed ora solo tu e la notte oscura.
Dammi un bacio, amor mio, sono contento.
Bacio la terra mia quando ti bacio.
VOCE DI TERESA
Ritorneremo un giorno a quella dura
nostra patria.
VOCE DI MURIETA
Sarà l’oro il ritorno.
Silenzio. Nell'oscurità della nave resta acceso il finestrino della cabina di Murieta. Sale una canzone in coro. Coro invisibile. È la stessa canzone maschile della scena anteriore. Si canterà solo una strofa col ritornello.
Amici, in California
me ne vo, me ne vo;
se mi arride la sorte,
sai dove sto;
se vi trovo la morte,
cileno son.
Amici, in Califoroia
me ne vo. me ne vo.
Silenzio. Si spegno la luce del finestrino.
QUADRO TERZO
El fandango
Luce sul cantante in primo piano. Proiezione panoramica di San Francisco nel 1850. È una stampa dell'epoca. A ogni nuova strofa della canzone corrisponderà una nuova proiezione con una veduta allusiva. L'ultima rappresenterà l'interno di una taverna simile a quella del Fandango.
CANZONE MASCHILE
Prima di ogni altro
il Cile all'oro arrivò;
San Francisco pareva
assai diversa in quel tempo.
Sopra la sabbia pioveva
e cadevano le gocce
sopra le strade deserte,
sopra le case morte
e le tegole rotte.
Non c'era nessuno
finché Dio non arrivò,
finché l'oro non brillò
e arrivò la polizia,
perché il Diavolo era giunto
ed il porto abbandonato
s'incendiò
con le fiamme del tesoro
e ne! porto
del deserto
cominciò a ballare l'oro.
Tuttavia il primo che entrò
ed il primo che ballò
nel novello paradiso
giunse da VaIparaíso,
e chi per la prima volta
con le ciabatte ballò
fu un pezzente di Chigilota,
e chi dopo si presento
era un negro di Chilpué,
e chi si venne a sposar
fu un tale di Vallenar,
e quello di noi che schiattò
era nato, poverino,
nel Nord, era copiapino:
cadde nell'acqua salata,
nell'acqua di San Francisco,
e morì perché ostinato:
non beveva se non grappa.
Ma parlar dei trapassati
non conviene,
ciò che va detto ben chiaro
in questo canto sereno
è che il primo che arrivò,
anche se nulla lucrò,
era cileno.
Appare una taverna, El fandango, simile a quella che s'è vista nella stampa proiettata. Vi sono cileni, messicani, peruviani. Nel fondo c'è un gruppo di Rangers coi sombreros texani. Si sente (a musica di « Oh, Susanah, don't you cry for me ». Poi attacca il dialogo che, iniziato dai cileni, si estende agli altri clienti. Tra di essi, seduti, Tre-Dita e Reyes. Rumori, Movimento.
IL PRIMO DI TUTTI Cominciamo all'alba. Dàgli e dàgli tutto il giorno. Qualcosa si ricava. Ma in questi lavatoi c'è più fango che oro.
UNO C'è più sudore che oro.
UN ALTRO Io ne ho estratto due oncie dalla sabbia.
UN ALTRO Io cinque. Non mi lamento.
TUTTI Ce lo sudiamo, compare. L'oro chiede sudore.
UNO E lei, compare?
UN ALTRO Non me ne parli, compare.
UNO Che? Le pare di sentirsi un po' fregato? E perché?
UN ALTRO Mi pare di andar sfregando.
UNO Come sarebbe a dire?
UN ALTRO È come se avessi una lavanderia.
UN ALTRO E io una panetteria.
UN ALTRO E io avessi aperto una bottega.
ARGENTINO Accidenti a questi cileni! Se la prendono con filosofia. Io son maestro di ballo. (Facendo passi di danza) « Stranierina, non scappar, il piede devi spostar ».
TUTTI Poco oro e molto ballo.
UNO E a voi messicani, come va?
MESSICANO Glielo dico io, proprio in verità. Ne ricaviamo appena per una frittata coi peperoni. E di quando in quando una pepita.
TUTTI
Sudando da morire
possiamo scoprire
una pepita d'oro
quanto un granellino di anice-
CILENO Ah, bene! Questo pare un funerale! Festeggiamo l'orino, anche se è pochino.
UN ALTRO Cameriere!
RANGERS (dal fonda della scena) You must say boy.
CILENO Boycameriere. Una ciccia.
TUTTI Ciccia per tutti, cameriereboy.
I camerieri non si muovono. I Rangers avanzano impugnando grosse pistole. Uno si ferma al centro, mentre gli altri puntano l'arma contro i clienti.
IL RANGER DEL CENTRO You are in California. Here is no ciccia. In California you must have whisky.
UNO Ma noi vogliamo ciccia!
TUTTI I CILENI Vogliamo ciccia!
TUTTI I RANGERS No ciccia here. Whisky! Whisky! Whisky! (Gli puntano una pistola alle tempie).
CILENO Boycameriere! Un whisky!
UN ALTRO Bisogna chiederlo con water!
TUTTI I CILENI Un whisky con water-closet!
I Rangers si ritirano. L'ambiente si calma.
REYES (dopo un po' di silenzio, a Tre-Dita) Compare, qua bisogna stare molto attenti!
TRE-DITA Si, compare. Ce ne siamo andati dal Cile per respirare, ma lei ha ragione. Bisogna stare con gli occhi aperti.
REYES Che ora sarà a Valparaíso?
Tutti restano in atteggiamento assorto, guardando verso l'infinito. Non annunziata da nessuno sorge dalla scena la Cantante bruna, che canta il suo numero come un'evocazione, come qualcosa che passa nel ricordo dei cileni. La luce dà rilievo alla cantante e scende sui clienti.
CANTANTE-BRUNA (Musica di «Barcarola»)
Voi Mi chiedete, signori, che canti e racconti la storia del mio innamorato,
e voi vorreste sapere se l'amor mio fu un marinaio o un soldato,
Io vi dirò che nacqui sulle sponde di un fiume celeste
e il cielo era un fiume con ciottoli azzurri e stelle silvestri,
Si chiama quel fiume Bio-Bio, ed è tanto lontano che non so nemmeno se ancora esiste:
nell’anima mia le acque risuonano: perciò sono triste.
Talvolta di notte se ascolto i ciottoli azzurri che l’acqua schiaffeggia
mi desto e non vedo se non le pareti che ora mi opprimono.
E sento una pena che tappa la bocca e che l'anima squarcia
finché dal muro non stacco la voce della mia triste chitarra.
Ed ora se mi chiedete se fu marinaio o soldato, se fu giovane o anziano
l'amor mio, vi rispondo: il mio amore è un fiume che scorre tanto tanto lontano.
La Cantante bruna sparisce come per opera di magia. Torna la luce. Applausi malinconici. Rumore di un cavallo al galoppo che si avvicina e si arresta. Entra un uomo a cavallo vestito di nero, che parla con grande agitazione per la estrema stanchezza.
CAVALIERE Sapete la notizia?
TRE-DITA Che notizia?
CAVALIERE Ne hanno ammazzati diciassette!
REYES Che me ne importa?
CAVALIERE Erano cileni.
CILENI Oh! Caspita!
CAVALIERE E tre messicani!
MESSICANI Diavolo!
CILENO E dov'è successo, compare?
CAVALIERE A Sacramento. Li strapparono dal letto e gli fecero scavare le fosse. Poi li fucilarono.
CILENO E perché li hanno ammazzati?
MESSICANO Perché non siamo biondi, diamine! Credono che Dio li abbia fatti biondi per premiarli! Si credono nipoti di Dio per quel colore di paraghi che hanno!
Pausa.
TRE-DITA L'altro giorno ne hanno ammazzati altri dieci. Hanno dato la colpa a un certo Conley, che è un noto assassino di cileni.
UN ALTRO Eh, sì. Ci sono ancora i morti mal sepolti. Ad alcuni pare che gli si vedano i piedi.
UN ALTRO E Ovalle, si ricorda di Ovalle? Fu l’unico che si salvò.
REYES Caspita, Tre-Dita! La cosa non mi sta piacendo affatto. Si rende conto che ci considerano dei negri? Preferisco tornarmene in dogana.
TRE-DITA Non è più tempo, Reyes! Ora non c'è da far altro che stare con gli occhi aperti!
Tutti si sentono angustiati. Di nuovo, come un'immagine del pensiero, con una trasformazione della luce, appare un'altra cantante. È la Cantante negra. Gioco di luce.
CANTANTE NEGRA (Negro spiritual)
Down goes the river
Down to the south
l've lost my ring
l've lost my soul.
Go, sailor, go, but don't inquire
where I have hidden my own heart!
My heart is there there there
in no man's land.
Down go the winds
down go the clouds
l've lost my ring
l've lost my soul.
Down goes the river
Down to the south
l'il never see again my ring, my ring,
l've for ever lost my soul, my soul.
Sull'ultima sillaba del numero della Cantante negra, due incappucciati chiudono con violenza le cortine del palcoscenico.
I DUE INCAPPUCCIATI Silence. No niggers bere!
Dall'apertura del sipario mal chiuso si introduce il Cavaliere Imbroglio in un abito che ricorda quello dello Zio Sam, e annunzia con un rullo di tamburo da circo:
CAVALIERE IMBROGLIO Distinto pubblico! Pubblico sottosviluppato! Questo onorato bordello, il non mai abbastanza apprezzato FANDANGO si onora di presentarvi l'Anima della California: La Pulce d'oro!
Ritiratesi il Cavaliere Imbroglio, si aprono le cortine e appare, in un grande alone d'oro, la Pulce d'oro, avvolta in un mantello di velluto nero. Le si vedono solo il viso, i capelli, le mani di oro di coppella. Gli Ubbriachi si precipitano a adorarla, cercando di acchiapparla con bramosia.
CORO DI UBBRIACHI
Cercando pepite
per la sua mammina,
lorita piccina
smetti di cercar.
Veniva lorita
sull'arenile,
lorita piccina,
smetti di cercar.
Il gringo ti arraffa
le tue pepite,
smetti di cercar.
C'è qua il tuo amico,
sposati con me,
cuoci la zuppa,
levati la roba,
smetti di cercar.
Lorita piccina,
non cercar pepite
per la tua mammà.
Durante questo numero la Cantante bionda si è levato il mantello e gli altri indumenti in una specie di strip-tease fino a restare apparentemente nuda nella maglia dorata.
CANTANTE BIONDA
Lovely boy,
don't talk
to me!
I want to see
your daddy first!
Please cali your uncle Benjamin
and your grand father Seraphim!
Lovely boy,
don't talk
to me!
I am so far
you won't believe!
I am so cold
as star fish!
Don't talk to me
I think because
your daddy is born for me!
or your uncle Benjamin
or your grand father Seraphim!
Quando termina questo numero si ode una salva di applausi frammisti a fischi assordanti. Compare il Cavaliere Imbroglio. Cerca di farsi ascoltare. Rullo di tamburo.
CAVALIERE IMBROGLIO Ed ora, distinto pubblico...
La gazzarra continua. Si riesce a sentire il seguente dialogo tra Reyes e Tre-Dita.
REYES Che vuole quell'uccellaccio?
TRE-DITA Gli sparo? (Fa un gesto).
REYES Non fare pazzie, compare. Vale più un uccello per aria che cento in mano.
TRE-DITA Quell'uccello ci spennerà e si ricoprirà con le nostre penne.
Il Cavaliere Imbroglio estrae una grossa pistola e spara con una detonazione che fa zittire la gente. Seguono gli spari di altre sei pistole. Scorre il siparietto. Compaiono i Corifei del Cavaliere. Ciascuno di essi va a collocarsi minacciosamente vicino a ciascun gruppo di clienti.
CORIFEI
E ora il grande numero della California.
CAVALIERE IMBROGLIO
Arrivo da San Biagio.
Son giocatore in vantaggio.
CORIFEI
È un giocatore in vantaggio.
CAVALIERE IMBROGLIO
A Santa Inés sono stato.
Son giocatore onorato.
CORIFEI
È un giocatore onorato.
CAVALIERE IMBROGLIO
Son passato da Santa Mamma.
Vado dove non mi si chiama.
CORIFEI
Va dove non lo si chiama.
CAVALIERE IMBROGLIO
Quando fui a San Melchiorre
mi invitò il Governatore.
CORIFEI
Lo invitò il Governatore.
CAVALIERE IMBROGLIO
Ma nel lasciar Santa Lucia
si sbagliò la polizia.
CORIFEI
Si sbagliò la polizia.
CAVALIERE IMBROGLIO
Mi mandarono a San Ramón
scambiandomi per un ladron.
CORIFEI
Scambiandolo per un ladron.
CAVALIERE IMBROGLIO
Io vi chiedo, cavalieri,
(si leva il cappello)
se avete gioie o danari.
CORIFEI
Se avete gioie o danari.
CAVALIERE IMBROGLIO
Per avere la possibilità
di provare la mia abilità.
CORIFEI
Di provare la sua abilità.
CAVALIERE IMBROGLIO
Ora vedrete:
questo sombrero
da cavaliere
che è il mio
è vuoto.
CORIFEI
È vuoto.
CAVALIERE IMBROGLIO
Non c'è niente:
(mostrando il cappello)
non c'è un'occhiata,
non c'è una moneta,
non c'è una bischerata,
non c'è un'acca:
tutto va bene,
niente va male,
e ora guardate
quest'animale.
(Estrae un coniglio bianco).
IL PUBBLICO
Un animale!
CAVALIERE IMBROGLIO
Prepareremo
prontamente
una frittata
originale,
una omelette
minerale.
Voglio orologi pregiati
da mangiare ben cucinati.
CORIFEI
Da mangiare ben cucinati.
CAVALIERE IMBROGLIO
Prima dell'olio nel sombrero.
(Prende il cappello e vi versa olio da un orciolo grande).
Niente paura. E ora qui alla luce
un bell'ovetto di struzzo.
(Prende un uovo grande di struzzo, lo rompe e lo getta dentro).
CORIFEI
Un bell'ovetto di struzzo!
CAVALIERE IMBROGLIO
Con diversi orologetti
continuerò il mio lavoretto.
(Si rimbocca le maniche).
Giù orologi a profusione
nel sombrero del diavolone.
I presenti estraggono enormi orologi dalle catene dorate ma son riluttanti a consegnarli. I Corifei gli danno colpi di bastone in testa in modo tale che, man mano che ogni cliente viene abbattuto, gli orologi van cadendo a uno a uno nel cappello del Cavaliere Imbroglio.
CAVALIERE IMBROGLIO (cinico, al pubblico)
Vedete? Consegnano i loro orologi con vero entusiasmo.
CORIFEI
Si, con vero entusiasmo!
CAVALIERE IMBROGLIO
E ora guardate con insana attenzione,
occhi aperti e bocca chiusa:
nel mio sombrero
andiam pestando
con un pestello
ciò che gettammo.
(Pesta e si ode un rumore di vetri triturati).
Via quelle facce
così pallide:
è una cosa inaspettata
di questi orologi
fare una frittata.
È proprio inaudito
ciò che è avvenuto.
Il Cavaliere e i Corifei fuggono dalla scena. I clienti restano esterrefatti, gridando in una gran confusione:
CLIENTI
Maledetto!
Prendetelo!
Picchiamolo !
Dov'è andato?
Di qua!
È scomparso!
Rompiamogli le ossa!
Rompiamogli l'anima!
Che briccone!
Figlio di puttana!
Cornuto!
Il mio orologio!
Il mio orologio!
Il mio orologio!
Il mio orologio!
Tutti si precipitano verso la scena, ma quando stanno per salirvi, esce dalle cortine un gruppo di Incappucciati che, con le armi in pugno, li fermano. Di botto cominciano a picchiare i clienti e a distruggere il locale.
INCAPPUCCIATI
Shut up! Damn you!
Go to hell!
GRIDI
II mio orologio!
Il mio orologio!
UN INCAPPUCCIATO
There is no orologio!
Here you have it.
(Con il bastone percuote in testa un messicano).
Una donna rompe una chitarra in testa a un Incappucciato. Questi riducono in pezzi il locale. Restano tavoli rotti, sedie rovesciate. Per tutto questo tempo si udrà un rumore di vetri rotti. Alcuni corpi immobili al suolo. Gli Incappucciati bevono al banco.
PRIMO INCAPPUCCIATO Every thing, all right!
SECONDO INCAPPUCCIATO I think so.
TERZO INCAPPUCCIATO Let us see the orologi.
QUARTO INCAPPUCCIATO (si leva il cappuccio e compare la faccia sorridente del Cavaliere Imbroglio. Estrae dalle tasche gli enormi orologi dorati, distribuendoli un po' a malincuore tra gli Incappucciati) One... Two... Three...Four... Five... Six... Seven..., ecc.
Se ne vanno con calma. Una testa si solleva dal suolo. Poi un'altra.
REYES Ce ne torniamo in Cile, amico?
TRE-DITA Nient'affatto, compagno. Restiamo qui. Andremo avanti!
Da questo punto fino alla fine dell'opera Tre-Dita comparirà con un occhio bendato, cioè con un cerotto nero.
QUADRO QUARTO
I Lupi e la morte di Teresa
VOCE DEL POETA
Annusando la terra straniera dall'alba oscura
finché non rotola nel fuoco la notte sulla pianura
Murieta fiuta l'occulto filone galoppa e ritorna
prova in segreto le pietre spaccate le spacca o le bacia
e la sua candida risoluzione è trovar l'oro e diventare immortale
e in cerca dell'oro sopporta una fatica mortale e si corica ricoperto di fango;
la sabbia negli occhi, le mani sanguinanti, insegue la gloria dell'oro;
non v'è in quella terra distante un più spieiato e intrepido itinerante,
né sete o serpente in agguato arrestano i suoi passi,
ha bevuto la febbre nel suo bicchiere, e la notte nevosa
non sa fermarlo, travagli, ferite non ce la fanno con lui
e quando cadde sette volte sette volte risorse
e proseguì notte e giorno il cileno montato su un cavallo chiaro.
Fermati!, la sua ombra gli dice ma quell'uomo aveva una sposa
in una capanna a aspettarlo e proseguiva per la California dorata
provando la roccia e il fango con tutto l'ardore
di un'anima rattristata che spera di trovar nell'oro la gioia
che Joaquín Murieta voleva per ripartirlo tornando al suo paese,
ma un'agonia lo aspettava e si trovò di colpo ricoperto d'oro e di guerra.
CORO
Divampò con l'oro trovato la furia e montò per i monti,
l'odio riempi l'orizzonte di macchie di sangue e lussuria
e il vento sottile cambiò il suo vestito leggero e la voce trasparente
e il yankee vestito di cuoio e cappuccio andò a caccia dello straniero.
Una luce scopre al centro della scena un gruppo di Incappucciati. Stanno compiendo una sorta di rito con un cerimoniale insieme lugubre e grottesco.
UNO Chi è il Padre?
UN ALTRO L'oro.
UNO Chi è il figlio?
UN ALTRO L'oro.
UNO Chi siamo noi?
UN ALTRO I padroni dell'oro.
TUTTI Amen.
UNO Dio è per gli indios?
UN ALTRO Dio gli ha tolto queste terre!
UNO E che ne ha fatto?
UN ALTRO Son diventate nostre!
UNO II nostro profeta Sullivan ha detto: « È nostro assoluto destino espanderci fino a diventare padroni di tutto il continente, che la Provvidenza ci ha affidato per il grande esperimento della libertà». (Mentre lo va dicendo in castigliano, viene proiettato in panoramica il facsimile del manifesto in inglese). Chi sono i messicani?
UN ALTRO Indios e meticci.
UNO Chi sono i cileni?
UN ALTRO Indios e meticci.
UNO Qual è il nostro dovere?
UN ALTRO Mandarli all'Inferno.
UN ALTRO To hell! To hell!
UN ALTRO Bruciarli!
UN ALTRO Impiccarli! (Arde una croce).
Si prosternano e si dispongono in forma rituale. I cappucci hanno forme di sciacalli e di lupi.
UNO Solo la Razza Bianca!
TUTTI Siamo la Gran Gerarchia. I Lupi Fulvi della California! Solo la razza bianca! (Si ritirano).
CANZONE FEMMINILE
Arriva il lupo terribile
a uccider bimbi cileni:
arriva la cavalcata,
la muta si sparpaglia
per ammazzare cileni
e col fucile in mano
sparano al messicano,
ammazzano il panamegno
proprio nel mezzo del sonno.
Ahimè, che faremo?
Cercano sangue e oro
i lupi di San Francisco,
bastonano le donne
e danno fuoco ai tetti
e perché venimmo
da Valparaíso nostra?
Sia maledetta l'ora
e l'oro che andò in fumo!
Vengono a ammazzar cileni.
Che faremo! Che faremo!
CORO
I duri cileni dormivano custodendo il tesoro stanchi dell'oro e delle lotte,
dormivano e in sogno tornavano a essere contadini, pescatori, minatori,
dormivano gli scopritori e avvolti nell'ombra venne. ro gli incappucciati,
vennero di notte i lupi armati in cerca del denaro
e negli accampamenti indifesi morì il piccone,
risonava uno sparo e un cileno cadeva morto nel sonno,
latravano i cani, la morte trasformava l'esilio.
Nel fondo proiezione di lavatoi. Entrano i cercatori d'oro coi loro arnesi e lavorando cantano:
Cercando cercando cercando
passiamo questa vita da cani
lavando lavando lavando
immersi nel fango e la rena
l'oro brilla nell'acqua
l'oro si occulta nella terra
cercando cercando cercando
con fame con febbre con pena
lavando lavando lavando
senza patria né Dio né stelle
l'oro se ne va coi ricchi
e la miseria continua
Si ripetono le frasi del fandango ma con tono triste.
IL PRIMO DI TUTTI Cominciamo all'alba. Dagli e dagli tutto il giorno. Qualcosa si ricava. Ma in questi lavatoi c'è più fango che oro.
UNO C'è più sudore che oro.
UN ALTRO Io ne ho estratto due once dalla sabbia
UN ALTRO Io cinque. Non mi lamento.
TUTTI Ce lo sudiamo, compare. L'oro chiede sudore.
Entrano i Lupi.
LUPO Che fate voi qui? Siete cittadini nordamericani? Non conoscete la legge?
CILENO La legge dell'imbuto? La conosciamo. Per noi pochino, per voi tutto.
LUPO Dovete andarvene! Non siamo mica nel Messico. Questa è terra dell'Unione.
CILENO La terra è di chi la lavora. E qui siamo noi che sudiamo a lavar la sabbia.
LUPO Lo sapete bene. Non vogliamo qui né negri né cileni. E nemmeno messicani. Questa non è terra messicana. Se non cambiate aria starete male.
MESSICANO Messicani siamo nati e messicani restiamo. E ne siamo molto onorati, signor gringo. Queste terre furono battezzate col sudore dei messicani. Si chiamano Tejas e San Francisco Zamora.
UN ALTRO Si chiamano Chapanal e Santa Cruz, San Diego, Calaveras.
UN ALTRO Si chiamano Los Coyotes, San Luis Obispo, Arroyo Cantova.
UN ALTRO Camula, Buenaventura.
UN ALTRO San Gabriel, Sacramento.
MESSICANO Come Somora, come Cuernavaca.
CILENO Come Valparaíso, come Chillán Viejo.
MESSICANO Dica lei se son nomi gringos o son nomi cristiani?
LUPO Vi riempite la testa di nomi, di parole...
CILENO E voi ve la riempite di dollari.
LUPO Qui termina la discussione. Gli indigeni via di qui! La guerra l'abbiamo vinta noi. Dobbiamo insegnarvi cos'è la libertà?
TUTTI i LUPI America for thE Americans!
CILENO Che dicono? Che gridano?
MESSICANO Dicono : « L'America per i Nordamericani! »
LUPO E questo cencio? Chi l'ha messo qui?
CILENO Non è un cencio. Io son cileno. È la mia bandierina.
LUPO Levatela! Via! È una bandiera di indigeni!
CILENO E chi l'ha proibita?
LUPO Noi! I bianchi! I Lupi! Avete sentito? Via la bandiera!
Tentano di strappare la bandiera. Estraggono i coltelli.
CILENO Ah, è così?
Rissa generale. Uno sparo fa incendiare una bandiera, convertendola in una torcia, I Lupi si ritirano.
CORO
E gli assassini nella cavalcata uccisero la bella la sposa
del mio compatriota Joaquín per questo la canta il poeta,
uscì dall'ombra Joaquín senza accorgersi che una rosa di sangue aveva
sopra il petto l'amata e giaceva in terra straniera il suo amore stroncato,
ma inciampando nel suo corpo tremò quel soldato
e baciando il suo corpo caduto chiudendo gli occhi di colei che fu il suo roseto e la sua
stella
giurò commosso di uccidere e morire per punire l'ingiusto per difendere il caduto
ed è così che nasce un bandito che l'amore e l'onore portarono un giorno
a trovare il dolore e a perdere la gioia, anzi a perdere molto di più,
a giocare a morire combattendo e vendicando una ferita
a lasciare nella polvere dell'oro perduto il sangue versato e la vita.
Scena: la facciata del rancho di Murieta. Entrano due uomini, uno incappucciato e l'altro con un sombrero texano. Battono alla porta di casa.
VOCE DI TERESA Chi è?
Teresa parla dall'interno. Non aprirà la porta. Gli uomini non rispondono. Si muovono con precauzione, cercando la maniera di entrare in casa. Battono nuovamente.
VOCE DI TERESA Chi è? Cosa c'è?
INCAPPUCCIATO Mister Murieta?
VOCE DI TERESA Joaquín non c'è. È andato ai lavatoi. Qui non c'è.
INCAPPUCCIATO Very well!
Si avventano contro la porta, che abbattono a spinte e a calci. Entrano nella casa. Rumori, fracasso.
VOCE DI TERESA Aiuto! Aiuto! Assassini! (La sua voce tace).
Uno degli assalitori, quello dal sombrero texano, si affaccia alla porta e chiama con un fischio. Accorrono sei o sette incappucciati e texani.
TEXANO Come on!
Entrano tutti. Continua il selvaggio fracasso di schianti e di distruzione. Silenzio.
Poi si ode un urlo prolungato di Teresa. Passano dei minuti. Silenzio.
Si odono due detonazioni dall'interno della casaEscono correndo gli assalitori. Il primo a uscire, scoperto, è il Cavaliere Imbroglio, che si copre in fretta con il cappuccio.
Galoppo di cavalli che si allontanano.
Si arrossano le finestre. Comincia a uscire un fumo d'incendio dalla casa di Murieta. Accorrono uomini e donne e il Venditore d'uccelli, che porta sulla spalla una grande gabbia con dentro delle colombe.
Entrano, e portano fuori precipitosamente sedie e mobili.
L'incendio continua. A un tratto qualcuno grida.
UNA VOCE L'hanno uccisa!
ALTRA VOCE È Teresa!
ALTRA VOCE È morta!
Le donne si inginocchiano davanti alla casa. Si ode un lamento musicale che durerà fino alla fine della scena.
Gli uomini si raggruppano intorno al Venditore di uccelli. Uno di essi, appena uscito dalla casa, con alcuni piatti in mano, che deposita a uno a uno vicino al Venditore, dice, senza rivolgersi a nessuno, e a bassa voce:
UN UOMO L'hanno anche violentata!
Un mormorio di odio percorre il gruppo.
VOCI Selvaggi!
VOCI Bisogna avvertire Joaquín!
VOCI Bisogna chiamare Murieta!
VENDITORE DI UCCELLI O compagne colombe, volate a cercarlo. Non tornate senza di lui!
Le colombe volano. Chiude la gabbia vuota. Si asciuga le lagrime con un fazzoletto a colori. Esce lentamente tra le donne inginocchiate, dicendo:
VENDITORE DI UCCELLI Fino a quando?
VOCI DI DONNE Fino a quando?
Compare sullo schermo la sagoma di Joaquín Murieta, ingrandendosi come se penetrasse nella capanna distrutta. Lungo silenzio. Si ode un grido tragico con la voce di Murieta. Le donne, che erano inginocchiate, si rialzano di colpo e parlano all'unisono:
CORO
Vendetta è il ferro, la pietra, la pioggia, la furia, la lancia,
la fiamma, il rancore dell'esilio, la pace crepitante,
e l'uomo lontano si acceca gridando nell'ombra vendetta,
cercando di notte cruenta speranza e castigo costante,
si desta quel fiero e a cavallo percorre la terra notturna, Dio mio,
che cosa cerca quel fosco in attesa del colpo che brilla nella sua mano tagliente?
Vendetta è il nome istantaneo del suo brivido
che inchioda la carne o colpisce sul cranio o spaventa con bocca inquietante
e uccide e s'allontana, ballerino mortale, sulla riva del fiume galoppando.
QUADRO QUINTO
Splendore di Joaquín
Appaiono le sagome di impiccati appesi a alberi e travi. Cavalcate.
CANZONE MASCHILE
Con il poncio del furore
e con il cuore ferito
galoppa il nostro bandito
e uccide gringos malvagi.
S'imbatte nel suo cammino
in uomini tracotanti:
incontrarono Joaquín
e Joaquín il suo destino.
(Recitato)
Uno
è caduto;
ora son due;
ora sono sette,
ve lo dico io.
Galoppa col poncio rosso,
e il suo cavallo ha le ali,
e dove giunge il suo occhio
si conficca una pallottola.
E come si chiama quell'uomo?
Joaquín Murieta è il suo nome.
Entra il Coro femminile a piccoli gruppi fino a formare una grande massa. Le parole delle donne e del bambino saranno dette da solisti, mentre in proiezione cinematografica si mostreranno le azioni.
CORO
Dov'è quel cavaliere temerario, vendicatore del suo popolo, della sua razza, della sua gente?
Dov'è quel ribelle solitario, che nebbia occulta il suo vestiario?
Dov'è il suo cavallo e il suo fulmine, il suo sguardo ardente?
S'accende a tratti, spia nel buio la sua fronte,
e il giorno della sventura galoppa e la vendetta va in groppa della sua cavalcatura:
Galoppa, gli dice la rena che inghiottì il sangue dei disgraziati
(Si ode fischiare il vento).
e qualche cilena prepara di nascosto un arrosto per il fuorilegge che arriva coperto di polvere e di morte.
(Una donna con una casseruola attraversa la scena).
«Da' questo fiore al bandito, bacia le sue mani e abbia amica la sorte».
(Una ragazza con un fiore in mano attraversa la scena).
«Dagli, se puoi, questa gallinella », sussurra la vecchina di Angol dal volto appassito,
(una contadina con un cesto attraversa la scena)
« e tu - dice un'altra - dagli il fucile del mio assassinato marito, è ancora macchiato del sangue del mio amato »,
(una donna con un fucile attraversa la scena lentamente)
e questo bambino gli dà il suo giocattolo, un cavallino di legno, e gli dice: «Cavaliere,
galoppa e vendica mio fratello che un gringo uccise alle spalle»,
(un bambino corre con un giocattolo)
e Murieta alza la mano
e si allontana violento col cavallino nelle mani del vento.
(Un rumore di galoppo più forte e più veloce).
Galoppa, Murieta, il sangue versato richiede che un solitario
raccolga nella sua rotta l'onore del pianeta, e un sole solidale
si desta nell'oscura pianura e la terra scuote nei passi erranti
di quanti ricordano uccisi amanti e fratelli feriti
e per la prateria si sparge una strana chimera, un fulgore: è la furia della primavera e la minacciosa ebbrezza che sparge, credendo che siano la stessa cosa vendetta e vittoria.
Il Coro ripiega. Una luce scopre acquattati in un angolo, in atteggiamento di allarme, Reyes e Tre-Dita. Parlano sottovoce, come due soldati in una trincea.
REYES A quanto pare, s'è armato un pandemonio! Lei che ne sa più di me in tutto ciò che io conosco meno di lei, può dirmi cosa dobbiamo fare ora, compare?
TRE-DITA Andiamo con Murieta! Fino alla morte!
REYES Sarà magari fino alla sua morte. Perché vuoi decidere anche della mia? Che gliel'ha regalata mia madre?
TRE-DITA Questo l'ho imparato a Copiapó, compare. Quando scoppia la mina, la terra trema, il cielo si oscura e poi la pietra più dura si rompe in pezzi ! Non badi all'esplosione, ma badi al fumo. Qui c'è la pietra dura e bisogna romper la pietra o rompersi l'anima! Non ha visto i nostri fratelli feriti? Il sangue versato dappertutto? È sangue nostro! Noi siamo vecchi, ma questo è il nostro destino. Io credo nella vendetta, poiché di lì può cominciare la vittoria. (Entra l'Indio). Alt! Chi va là?
INDIO Rosendo Juáàrez va in cerca del generale Murieta.
TRE-DITA E chi è Rosendo Jurez?
INDIO Rosendo Jurez sono io.
TRE-DITA Che cosa vuoi dire a Murieta?
INDIO Voglio chiedergli che ci difenda.
TRE-DITA Perché? Cosa hanno gli indios?
INDIO Parlo col cuore e ciò che dico lo dirò con lingua diritta, perché il Grande Spirito mi vede e mi ascolta. Questi gringos non dicono il vero. Ci tolgono l'oro o ce lo portano via al gioco. Noi li possiamo cacciare e lo faremo con pietre, con archi e con frecce. Ci dicono buone parole. Ma le buone parole non servono. Con le parole non si pagano le offese né i morti. Non fanno uscire mio padre dalla tomba. Le parole non pagano la nostra terra, non pagano i cavalli né il bestiame che ci rubano. Le buone parole non mi restituiscono i miei figli né daranno buona salute alla mia gente. Tutti gli uomini furono creati dallo stesso Grande Spirito, e se i gringos bianchi vogliono vivere in pace con gli indios possono vivere in pace. Tutti gli uomini sono fratelli e la terra è la madre di tutti. Ma le condizioni in cui si trova la mia gente mi spezza il cuore e dobbiamo lottare per difenderci. Rosendo Jurez ha finito di parlare.
TRE-DITA Amico Rosendo Jurez. C'è molta strada da fare. Ma vieni con noi. (A Reyes) Vede, compare? Che mi dice ora?
REYES Sa che mi vado convincendo anch'io, compare Tre-Dita?
TRE-DITA Non poteva che essere così! Siamo stati fratelli in tante disgrazie. Ora ce ne andiamo con Murieta! Stringiamoci i cinturoni! Joaquín! Joaquín!
Si ode un fischio.
I TRE Veniamo!
Entrano tre uomini.
PRIMO UOMO Dove andate?
TRE-DITA Non ce la facciamo più a sopportare. Ce ne andiamo con Murieta.
SECONDO UOMO Vogliamo venire con voi!
TERZO UOMO Anch'io!
CORO DI UOMINI Murieta! Murieta! Veniamo con te, Murieta!
Una folla di uomini attraversa rapidamente la scena.
CORO
Si strinsero i cinturoni, balzarono gli uomini nella notte oscura
al lampeggio delle cavalcature, e va Joaquín avanti,
con duro sembiante comanda un esercito di vendicatori
e cadono teste lontano e il crepitio
del fucile e la luce del pugnale mettono fine a tanti dolori:
vestito di lutto e d'argento avanza Murieta perseverante
e non da quartiere quell'errante a chi diede fuoco ai paesi con una lava scottante,
a quelli che avvolti nell'odio raserò al suolo e calpestarono bandiere di popoli vaganti.
Nell'oscurità si ode il lontano tintinnare d'una carrozza. Si avvicina una diligenza. Presto si distinguerà un rumore di zoccoli e di ruote.
VOCE D'UOMO Arrivano!
Si ode un fischio. Compare un uomo mascherato della banda di Murieta. Estrae un revolver. Fischia ripetutamente. Compaiono altri uomini. Si intrecciano fischi in tutti i toni, acuti, fiochi, corti o lunghi.
Si dispongono strategicamente dopo aver collocato una grossa pietra che interrompe la strada.
Cresce il rumore di zoccoli e di campanelli. Si ode lo schioccare della frusta del conducente. Nell'oscurità appena illuminata dalle luci della carrozza, compare la diligenza. Se ne vedono solo i finestrini illuminati e due grandi ruote rosse.
VOCI
Alt!
Che succede?
Una rapina!
Uscite fuori!
Il cocchiere armato fa il gesto di puntare il suo fucile. Sparo. Il cocchiere cade. Un mascherato gli prende il fucile.
TRE-DITA (avvicinandosi allo sportello) Scendete! E l'oro?
UN VIAGGIATORE Che oro?
Scendono sette passeggeri fra cui alcune donne.
UN ASSALTATORE II carico?
VIAGGIATORE Non c'è! È partito ieri per Sacramento! Qui non c'è nulla. Ve lo giuro, capo.
ALTRO VIAGGIATORE Signor cileno, siamo innocenti!
ASSALTATORE Fatevi da parte!
ASSALTATORI Frughiamo. (Perquisiscono la diligenza) Consegnate tutto.
UNA VIAGGIATRICE Io ho questo crocifisso. Lo ha benedetto il vescovo. (Consegna un crocifisso d'oro con pietre preziose).
ASSALTATORE Un crocifisso? Al mucchio. (Lo gettano insieme coi gioielli e i portafogli che consegnano i passeggeri). Vediamo quegli anelli! E gli orologi!
I passeggeri consegnano anelli e orologi.
TRE-DITA Guardate nelle valige!
Gli assaltatori aprono le valige e le frugano disordinatamente.
ASSALTATORE (dall'interno della diligenza) Guardate cosa tenevano nascosto.
Un braccio dalla finestra della diligenza tira fuori una piccola borsa d'oro. Qualcuno la prende. Salti e gridi di gioia.
ALTRE VOCI
Qui ce n'è un'altra!
E un'altra!
E un'altra!
Tenete!
Un'altra!
Un'altra ancora!
Una enorme, irreale quantità di borse d'oro va passando sulle loro teste formando un grande mucchio.
UN VIAGGIATORE (con finta sorpresa) E questo dove stava?
TRE-DITA Voi non portavate nulla?
UN ASSALTATORE Non ne sapevano niente!
Le borsette d'oro continuano a volare.
ASSALTATORI
Che anime candide!
Che innocentini!
Vigliacchi !
Questo è l'oro nostro!
E se lo portavano via!
UN ASSALTATORE (dalla diligenza) Qui c'è una sorpresa.
ALTRI
Passaci la sorpresa.
Pesa molto?
È oro?
ASSALTATORE Vale più dell'oro. Eccovela!
Dallo sportellino tirano fuori il Cavaliere Imbroglio.
VOCI
È il ladrone!
È il capo dei Lupi!
È l'assassino!
È quello che mi ha rubato persino l'occhio di vetro!
Bandito!
Hai ammazzato mio fratello !
Hai incendiato la mia casa!
Ora pagherai tutto!
Dall'oscurità innalzano il corpo del Cavaliere Imbroglio, enormemente alto. Sembra un fantoccio.
UN ASSALTATORE Sparate! Fuoco! (Varie detonazioni. Il fantoccio cade buffamente sulle borse d'oro). Ora ci teniamo l'oro.
TUTTI L'oro è nostro!
Durante la scena, gente del popolo — membri del Coro — s'è andata avvicinando per vedere ciò che accadeva.
UNA VOCE DEL POPOLO E noi?
UN ALTRA Che ne è di quello che speravamo?
UN ALTRA Di nuovo ora tutto sarà per voi?
TRE-DITA In nome del capitano Joaquín Murieta, state tutti a sentire. E a obbedire! (Silenzio rispettoso. Alcuni si mettono in fila). Prima di tutto, restituite quel crocifisso. E speriamo che un giorno Dio insegni ai ricchi a rispettare i poveri. Per ora glielo insegneremo noi. (Restituiscono il crocifisso alla viaggiatrice). E ora distribuite l'oro fra questa gente!... I viaggiatori proseguano il loro cammino!
Grande gazzarra. Si tendono le mani. Le borse d'oro passano di mano in mano tra balli e gridi. I viaggiatori impauriti rimontano in fretta.
VOCI
Addio, bellezza!
Buon viaggio, colombini!
Good-bye, Mr Denaro!
Yankee, go home!
Tornate presto, e ben carichi!
TRE-DITA Noi andiamo verso Arroyo Cantova. Lì ci aspettano. A cavallo!
CORO DI ASSALTATORI
Qui si dàan coltellate,
che allegria,
per un nonnulla s'accoppa,
mamma mia.
Qui si gioca, si canta,
si maledice,
se un poveraccio stramazza
che crepi in pace.
Di ciò che succede in cielo
non ce ne importa uno stecco,
sulla terra resterò
quando mi faranno secco.
Sulla terra resterò
se mi devono far fuori.
Voglio rompere la zucca
a chi mi farà un sermone,
ma se una bionda mi ama
ne farò un solo boccone.
I viaggiatori son partiti. Gli uomini della banda, mentre cantavano, hanno distribuito le borse d'oro fra quelli del paese. Poi se ne vanno e il loro canto si perde nella lontananza.
CORO
O nuovi guerrieri, sorga sul mondo altro Dio che non il danaro,
muoia colui che uccide il palpito della primavera e corona di sangue la culla del neonato,
viva il bandito Joaquín Murieta, il cileno di razza profetica,
che volle sbarrare il cammino ai guerrieri protervi
che tutto tengono e vogliono, e tutto maltrattano e spengono.
Entra un gruppo di Incappucciati, che scoprono il corpo del Cavaliere Imbroglio.
PRIMO INCAPPUCCIATO E questo chi è?
SECONDO INCAPPUCCIATO È LUI!
TERZO INCAPPUCCIATO È morto!
QUARTO INCAPPUCCIATO È vivo!
PRIMO INCAPPUCCIATO Questo non muore mai! Mi senti? Puoi rispondere? Chi è stato?
CAVALIERE (con voce tremante) Gli uomini di Murieta. Si son portato via l'oro. Hanno trucidato tutti i passeggeri. E preso a coltellate le donne.
I Lupi sollevano con difficoltà il Cavaliere Imbroglio. Questi si scrolla il vestito sporco, si riprende, si mette in testa il sombrero lacerato e dopo poco riacquista l'abituale energia.
CAVALIERE IMBROGLIO Deve morire!
I LUPI Murieta deve morire!
CAVALIERE IMBROGLIO Ci sta rubando tutto quello che noi abbiamo rubato faticosamente!
I LUPI Murieta deve morire !
CAVALIERE IMBROGLIO È un sovversivo!
I LUPI Murieta deve morire!
CAVALIERE IMBROGLIO Sono indios. Non capiscono iprogresso.
I LUPI Murieta deve morire!
CAVALIERE IMBROGLIO Qui noi giuriamo sulla sua morte!
Alzano in cielo i pistoloni e sparano contemporaneamente.
I LUPI Murieta deve morire! (Escono in fretta).
CORO
Addio, compagno bandito: si approssima la tua ora, la tua fine è chiara e oscura;
si sa che tu non conosci come la meteora la strada sicura,
si sa che tu ti sviasti nella collera come un uragano solitario;
ma io qui ti canto perché tu sgranasti il grappolo dell'ira e si avvicina l'aurora,
si avvicina l'ora in cui l'iracondo non avrà più posto nel mondo
e un'ombra segreta non sarà stata la tua impresa, Joaquín Murieta.
CORO CANTATO (Musica polifonica. Organo)
Oscura è la notte e l'anima dell'uomo è oscura,
finché la luce non illumina la notte della sventura.
Così da una vendetta impura nacque una speranza sicura
e se la nostra disdetta fu immensa, ora abbiamo una difesa.
Non avremo timore o terrore. Non sarà sconfitto l'onore.
Finalmente saran rispettati il colore della pelle e la lingua spagnola.
Finalmente la giustizia minaccia i lupi nella loro stessa casa.
Murieta: la giustizia ti dette la sua spada segreta,
perché difendessi con essa, Joaquín, la nostra razza.
O tu, giustiziere che ci rappresenti, accogli il ringraziamento dei tuoi compagni!
Lodato sia, lodato sia il tuo nome, Murieta!
Per un momento continua l'organo o il Coro cantando «a bocca chiusa». Il Coro parlato dice e mima quanto segue:
CORO
E dice la madre: « Sono una spiga senza grano e senz'oro,
non esiste il tesoro che l'anima mia adorava, a un trave impiccato,
Pedro mio, il figlio mio, è morto assassinato e io lo piango,
ed ora col suo valore Murieta le lagrime mi ha asciugato».
(Durante il recitato, una donna attraversa lentamente la scena).
E un'altra in lutto e forte mostrando il ritratto del fratello morto,
alza le braccia diritte e bacia la terra che il cavallo di Joaquín Murieta ha calpestato.
Una donna in lutto con un medaglione sul petto attraversa lentamente la scena.
Attacca di nuovo il Coro cantato e in un gran finale ripete le ultime frasi della sua cantata.
VOCE DEL POETA
E chiede il poeta: «Non è forse degno quello strano soldato in lutto
che gli offesi gli accordino il frutto della compassione? »
Non so, ma io sento, pur così lontano da quel compatriota lontano,
che attraverso il tempo egli merita il mio canto e la mia mano
perché difese mostrando il viso, i pugni, la fronte,
la povera gioia di povera gente saccheggiata da un invasore amaro e inclemente
ed esce dal lungo letargo un astro nell'ombra
e il popolo addormentato si desta leggero seguendo le orme scarlatte di quel guerrigliero,
dell'uomo che uccide e muore seguendo il destino.
Per questo si chiede il poeta se non meriti una ballata
quel cavaliere bandito che diede all'offeso una rosa concreta:
giustizia si chiama l'ira del mio compatriota Joaquín Murieta.
QUADRO SESTO
Morte di Murieta
La scena si oscura totalmente. Si odono varie detonazioni. Prima una, poi molte. Nell'oscurità, compare un bianco volto di donna, come di gesso, con un mantello cileno. Se ne vede solo il viso.
Dice il Quasi sonetto mentre il Coro resta immobile nella penombra. Il Sonatore Vagabondo la accompagna dietro il sipario.
QUASI SONETTO
Ahi, quella sera l'hanno trucidato.
Portava fiori alla sua sposa morta
e all'improvviso l'eroico braccato
vide la morte chiudergli la porta.
Da ogni cantuccio uno yankee sparava,
il sangue gli scorreva sulle braccia:
e per cento vigliacchi usciti a caccia
cadde con cento fori un coraggioso.
Ruzzolò fra le tombe sfracellato
proprio dove il suo amore assassinato,
la sua Teresa, ancora lo chiamava.
Ed il suo sangue vindice e verace
potè così baciare la compagna.
Arse amore nel sito ove spirava.
Altre detonazioni. Il Coro ripiega verso il fondo, formando un fregio funerario sui due lati di una umile tomba. Nello stesso tempo, e al ritmo agitato di una musica ossessionante, irrompono nella scena sei ballerini con teste di lupi che eseguono una danza frenetica.
La danza rappresenta l'azione di una muta di cani che latrano, ululano, annusano dappertutto in cerca di una preda. Danno l'impressione di impugnare un'arma che puntano contro ogni angolo sospetto. Ritmo demoniaco e atmosfera di ferocia mostruosa. Due Solisti, che si son staccati dal Coro, mettendosi ai due lati della bocca della scena, durante la danza cercano di mettere in guardia Murieta, sforzandosi di superare con le loro voci il tumulto della musica e del ballo.
PRIMO SOLISTA (subito dopo lo scoppio iniziale)
Ascolta la rena
che muove il deserto!
SECONDO SOLISTA
O l'orologio
che sotterra i morti!
PRIMO SOLISTA
Indietro, bandito!
La morte t'aspetta!
SECONDO SOLISTA
Son venuti i Lupi!
PRIMO SOLISTA
Morì una chitarra!
SECONDO SOLISTA
II tuo sangue invisibile
sarà versato!
PRIMO SOLISTA
Hai udito, Murieta?
SECONDO SOLISTA
La terra ti avverte!
PRIMO SOLISTA
Si compie il destino!
SECONDO SOLISTA
I Lupi ti spiano.
PRIMO SOLISTA
La tua sorte si compie!
SECONDO SOLISTA ;
Seguono le tue tracce.!.
PRIMO SOLISTA
Per questa strada
la morte s'approssima.
SECONDO SOLISTA
Non portar la rosa
per la tua Teresa.
PRIMO SOLISTA
Ti aspetta la fossa.
SECONDO SOLISTA
Teresa dormiva.
PRIMO SOLISTA
Perché destarla?
SECONDO SOLISTA
Perché innaffiarle
il viso di sangue?
PRIMO SOLISTA
Fermati, Murieta!
SECONDO SOLISTA
Allontana il passo!
PRIMO SOLISTA
La rosa che porti, allontanala!
SECONDO SOLISTA
Cadranno i tuoi occhi!
PRIMO SOLISTA
Marcirà il tuo sguardo!
Avrai per braccia una croce abbattuta!
SECONDO SOLISTA
Non andrai a cavallo!
PRIMO SOLISTA
Non correrai più!
SECONDO SOLISTA
Non mangerai più!
PRIMO SOLISTA
Non ti vendicherai più!
SECONDO SOLISTA
Non vivrai più!
PRIMO SOLISTA
Già i Lupi calpestano
le tue orme!
SECONDO SOLISTA
II freddo del cielo
suona le sue campane!
PRIMO SOLISTA
Sulla luna il pianto
la pioggia prepara!
SECONDO SOLISTA
Teresa ti vive dentro,
non ha bisogno di te!
PRIMO SOLISTA
Getta via la rosa
dalla triste mano!
SECONDO SOLISTA
Perché tanto sangue?
PRIMO SOLISTA
Chi e?
Di colpo la danza si arresta e i Solisti tacciono. Un fascio di luce cade nel centro della scena e avanza sino alla tomba, che si trova al fondo. Quando la luce raggiunge la tomba, i Lupi, rannicchiati nei nascondigli, sparano. La luce diventa rossa e un grande fiore si apre sulla tomba di Teresa.
I DUE SOLISTI (coprendosi il volto con un velo nero, gridano) Cos'è accaduto? Sparano!
La musica riprende violentemente. I Lupi, reggendosi in equilibrio sulla tomba, per brevi istanti mimano ritmicamente l'atto di segare o di tagliare qualcosa a colpi d'ascia. Poi si ritirano. Cessa la musica. Il fiore è sparito.
Il Coro femminile avanza sino al primo piano per dire il Lamento.
CORO (recitato)
Morì baciando la terra
dove dormiva la sposa:
inerme fu trucidato;
portava solo una rosa
per la sua Teresa morta.
Si moltiplicò quel fiore
per le sue aperte ferite
e la tomba di Teresa
ne fu coperta di rose.
Con una rosa in mano
è morto Joaquín Murieta.
Morì come muore un fulmine,
cadendo accanto alla morta.
Avevano tanta paura
che neanche s'avvicinavano
e sparavano al cadavere;
fattosi infine coraggio,
perché non resuscitasse
gli tagliarono la testa,
al morto nel cimitero
gli tagliarono la testa,
al guerrigliero caduto
gli tagliarono la testa,
quando più non respirava
gli tagliarono la testa,
tanta paura faceva
il forte Joaquín Murieta
che quando quel prode morì
e non aveva difesa,
per la paura che avevano
gli tagliarono la testa.
Rintocchi di tamburo e cornetta da circo povero. Il Coro si divide in due, mettendosi ai due lati della scena. Appare un baraccone da fiera che una cortina divide in due vani.
Nell'uno il Venditore, che è lo stesso Cavaliere Imbroglio, invita i passanti. Nell'altro c'è la testa di Murieta in una gabbia rotonda. La testa è più grande del naturale e ha fili di gocce di sangue, come rosari, che arrivano fino al suolo. Gli occhi aperti. Durante la scena entreranno ininterrottamente sempre gli stessi visitatori che faranno il giro, mettendosi cappelli, coperte, sciarpe diverse o scambiandosi ciò che portavano, ceste, ombrelli, tamburi in braccio, ecc.
IL VENDITORE DA FIERA (gridando)
Entrate bere a my baracca
for only twenty centesimi.
Here is Joaquín Murieta,
qui c'è la tigre in gabbiata.
Freedom, freedom, vero affare
solo per twenty centesimi:
occasione unica:
Murieta decapitato.
Here. Here venti cents,
twenty centesimi, signori,
la testa di una tigre
rinchiusa dentro una gabbia.
Signori, per venti cents,
solo per venti centesimi.
La testa di Murieta
che abbiamo infine tagliato:
che affare twenty cents,
venite a vedere il malvagio
che tanto ci spaventava
solo per twenty centesimi.
(Ritornello)
Freedom, freedom, ecc.
Le donne avanzano con un'espressione di biasimo per il pubblico. Verso la metà della scena, questa si va ormai svolgendo nella platea. Quando termina, le donne escono correndo verso il ridotto.
CORO FEMMINILE (recitato)
UNA DONNA
Come si lascia ingabbia,
come si lascia
in una gabbia d'infamia
la sua testa?
UN ALTRA
Non ricordate che le sue mani
punirono tante offese?
UN ALTRA
E che ora ha gli occhi aperti
e la testa tagliata?
UN ALTRA
Perché soffrivamo egli corse
al galoppo sulla sabbia
ed è per noi che egli uccise.
UN ALTRA
Avete sangue nelle vene?
UN ALTRA
Avete luce nell'anima?
Avete mani cilene?
Avete piedi nelle scarpe?
Vedete con che tristezza
vi guarda il decapitato
cercandovi senza trovarvi?
UN ALTRA
Bisogna rubare ai gringos
la sua testa sventurata.
UN ALTRA
Le daremo sepoltura
nella tomba di Teresa.
UN ALTRA
È per l'uccisa bellezza
di Teresa assassinata
che arrivò a tanta sventura!
TUTTE
Bisogna rubare la testa!
UN ALTRA
Che infamia! In un posto simile
il suo animo orgoglioso,
il suo garbo, la sua nobiltà
sconfitta e dolorosa!
UN ALTRA
E tutto ciò in un baraccone!
UN ALTRA
Mamma, che vigliaccheria!
UN ALTRA
Forse non avete cuore?
TUTTE
Bisogna rubare la testa.
Gli uomini ripetono la scena compiuta dalle donne.
CORO VIRILE (recitato)
Che aspettiamo, noi uomini, che aspettiamo?
Abbiamo un cuore! Abbiamo le mani!
Io son di La Serena e ciò che ebbi,
un pugno d'oro, fu come una nuvola.
Ho da perderci solo la mia pena.
Ho padre, madre e moglie a La Serena,
non li vedrò mai più. Sono con voi.
Il defunto Joaquín era mio amico.
Io son di Loncomiglia, e sono un fiume
impetuoso, che non si può fermare.
Da quell'infame gabbia odo chiamare
la voce di Murieta, e devo andare.
Io son cilote e a primavera sento
come cade la pioggia sopra il legno.
Mi mangerei coi baci il mio paese.
Invece l'ossa qui dovrò lasciare!
Aprirò la baracca del malvagio.
A me non c'è lucchetto che resista.
Gente di Talagante o di Cerchenco,
di Lebu, di Rancagua, di Chigliota,
di Pua, di Taltal, di Nacimiento,
di Parral, di Victoria, compatriota
di Tongoy, di Renaico, di Perchenco,
rompiamo la baracca,
su rompiamo
le ossa a quel mercante!
Rubiamo
la testa del capitano!
E se anche morì senza confessione,
seppelliamolo nella sua religione
perché dorma con la sua spada
accanto alla sua morta dolceamata!
Tutti corrono verso il baraccone da fiera. Silenzio.
Entra il corteo.
Molte donne, di spalle al pubblico, in fondo alla scena, pregano a bassa voce. Il corteo entra dal fondo della sala e avanza verso la scena, con alla testa Tre-Dita e Reyes, che portano la testa di Murieta. Tutti camminano in silenzio. Si ode solo la musica. Mentre il corteo avanza tra il pubblico, le donne che pregano sulla scena si alzano lasciando vedere la tomba di Teresa. Il corteo giunge fin lì. Durante la sfilata si ode il seguente:
CORO
L'oro accoglie questo morto di polvere e d'oro in lutto,
lo scarmigliato, il cileno senza la croce del soldato, né sole o vessillo,
il figlio sanguinario e sanguinoso dell'oro e della furia terrestre,
il povero violento e errante che nella California dorata
seguì allucinato una luce disgraziata: l'oro col suo latte
lo nutrì, con la vita e la morte, incalzato e vinto dall'odio e la bramosia,
notturno cileno trascinato e ferito dalle circostanze di un'avversità costante,
il povero soldato e amante senza compagna né compagnia,
senza la primavera del Cile lontano e la sua allegria che amiamo e che difendeva
in modo inopportuno assalendo col suo scuro cavallo al lume della luna,
certo e sicuro quel fulmine di gennaio vendicava i suoi
e morì nel suo orgoglio, se fu un bandito non so se mi importa, è giunta l'ora
di una grande aurora che tutte le ombre seppellisca e occulti con mani di rosa fragrante,
l'ora, il minuto in cui troviamo la dolcezza eterna del mondo e cerchiamo
nella sventura l'amore che sostiene la cupola della primavera
e Joaquín Murieta non ebbe altra bandiera che un dolore assassino, e lo, sventurato
trovò assassinato il suo amore da uomini mascherati e così uno straniero partito per vincere e vivere
nelle mani dell'oro diventò bandito e arrivò a soffrire, a uccidere e a morire.
Pietà per la sua ombra! Consegniamo la rosa che portava alla sua amata dormiente,
a tutto l'amore, il dolore, il sangue versato, e sulle porte dell'odio attendiamo
che rientri nella sua tana la oscura violenza e che ascenda la chiara coscienza
all'altezza matura del grano e l'oro non sia testimone di delitto e il pane del mattino sulla terra
non abbia il sapore del sangue dell'uomo caduto in guerra.
Scena nel cimitero.
La luna. Scavano per seppellire la spoglia. Delle donne pregano.
Parla la testa di Murieta. I seppellitori restano immobili.
Il Sonatore Vagabondo accompagna il monologo con una melodia che si sentirà appena.
C'è un rumore di vento che fischia sulla pianura.
PARLA LA TESTA DI MURIETA
Nessuno ascolta. Posso infine dire
che un morto è un bimbo perso nelle tenebre.
Non so perché toccava a me morire
per andar senza meta nel deserto.
Giunsi per tanto amare alla tristezza,
fui per tanto lottare annichilito,
ed ora fra le mani di Teresa
si acquieterà la testa di un bandito.
Il mio corpo fu prima lacerato,
e sgozzato dopo essere caduto;
non denunzio il delitto consumato,
ma grido per l'amore mio perduto.
La mia morta aspettava e son venuto,
per il duro cammino che ho seguito,
a riunirmi con lei in quello stato
che uccidendo e morendo ho conseguito.
Son soltanto una testa dissanguata,
le labbra non trasmettono il mio accento,
ma i morti non dovrebbero parlare
se non per mezzo della pioggia e il vento.
Ma i posteri come sapranno allora
fra tanto buio la verità nuda?
Di qui a cento anni, miei compagni, chiedo
che la canti per me Pablo Neruda.
Non per il male che potrei aver fatto,
o per il bene che io sostenevo,
ma perché fu l'onore il mio diritto
quando perdetti tutto ciò che avevo.
Passerà, nell'invitta primavera,
il tempo e sarà nota la mia vita,
che essendo stata amara e giustiziera
non mi pare di averla dissipata;
e come ogni altra vita passeggera
fu forse con il sogno mescolata.
Ma uccisero i violenti la chimera.
Lascio in eredità le mie ferite.
Quando la testa finisce di parlare, gli attori si muovono riprendendo le loro azioni. Nessuno mostra di avere ascoltato la voce di Murieta.
Continuano a scavare.
Lasciano cadere una bandierina sulla terra smossa.
Escono tutti, meno Reyes e Tre-Dita, che restano vicino alla tomba appena scavata.
Nel silenzio il Coro finale.
CORO FINALE
Ora dorme l'addormentato e riposa nella sua fossa la rosa.
Giace il bandito braccato e ferito; riposa nella pace della sua sposa.
E sale la luna scarlatta per le scale del cielo.
La notte inghiotte l'uccisore e l'ucciso e ruotano per il suo velluto
le stelle fredde; l'ombra straniera si colma di spighe e d'argento
e qui terminò la mia cantata nella pace della morte e della notte.
Non sarà mio il rimprovero per la sua cavalcata di fuoco e di spavento.
Chi può giudicare il suo sbandamento? Fu un uomo coraggioso e smarrito,
e per queste anime ardenti non esiste un cammino prestabilito:
è il fuoco che li porta tra i suoi denti, li incendia, li innalza, li restituisce al loro nido,
e si ressero volando nelle fiamme: il loro stesso fuoco li ha consumati.
Murieta violento e ribelle torna nel mio canto al metallo e alle miniere del Cile,
e il suo giuramento ha termine dopo tanta vendetta compiuta,
la patria dimenticò il suo turbamento e la sua povera testa tagliata e caduta
è solo l'ombra del sogno remoto e errante che fu la sua romantica vita.
Torna e riposa e galoppa nel vento verso il Sud il suo cavallo scarlatto,
i fiumi natii gli cantano con bocca d'argento e lo canta anche il poeta.
Fu amaro e violento il destino di Joaquín Murieta. Da questo momento
il Popolo ripete come una campana sotterrata la mia lunga cantata a lutto.
Musica.
Qui Reyes e Tre-Dita si mettono in posizione di «attenti!», portando avanti contemporaneamente i fucili, verticali, senza sollevarli dal suolo. I loro due volti mostrano risolutezza e solennità.
TRE CANZONI
Queste canzoni si possono cantare direttamente al pubblico, nella sala o nel foyer, prima che inizi lo spettacolo o negli intervalli.
CANZONE MASCHILE
Come oggi ammazzano i negri
ieri toccò ai messicani;
si ammazzavano cileni,
nicaraghesi, peruviani;
così i gringos si sfrenavano
in istinti disumani
finché un giorno sul sentiero
passò un cavallo di seta,
finché per ogni cammino
galoppò il nostro destino
e come due rosolacci
si accesero le sue pistole.
Chi è che contende il terreno?
Chi è che li sfida di fronte?
È un bandito cileno!
È il nostro Joaquín Murieta!
CANZONE FEMMINILE
Joaquín Murieta è venuto
a aiutar la nostra gente;
il nostro cuore risponde
col fucile d'un valente.
Viva Joaquín Murieta
con le sue mani campestri,
gli occhi vendicatori
ed i suoi modi celesti.
Ammazzi chiunque ammazzò!
Se lo chiamano bandito
viva i banditi come questi!
CANZONE
Quegli occhi che morirono,
non son morti, li ammazzarono,
li ammazzeranno.
Tutti gli occhi del mondò
moriranno,
perché il mondo sta morendo
nel Vietnam.
Perché maneggiano la storia
i crudeli ed i violenti
voi vedete la vittoria
della morte a San Francisco.
Si chiede l'uomo:
Ma un giorno
terminerà l'agonia?
Maledizione!
Cesserà la crudeltà
e regnerà l'allegria?
Maledizione!
Con il loro arco i nazisti
spaccarono il cuore
della Spagna.
Maledizione!
Il cane latra alla luna
e il bimbo fin dalla culla
cresce nella certezza
dell'oppressione.
Maledizione!
Proclamiamo l'allegria!
Chiediamo la ribellione!
Benedizione!
Che l'uomo un giorno
si sposi con l'allegria!
Benedizione!
La vita, se è buona o cattiva,
dovrete dirlo voi:
questa è una tranquilla sala,
ma uccidono nel Vietnam.
Seguitiamo a vedere questa farsa
del dolore
per continuare nella vita
e nell'amore.
Perché se muore la morte
non l'uccideranno gli altri:
la lotta la ucciderà
prima
che uccida noialtri.
Cileni in California
Osserva da testimone Vicente Pérez Rosales: «II malanimo degli yankee più ignoranti contro i figli di altre nazioni, e specialmente contro i cileni, si era andato dunque accentuando. Si seguiva un ragionamento molto semplice e definitivo: il cileno era figlio dello spagnolo; lo spagnolo aveva sangue moro; quindi il cileno doveva essere per lo meno ottentotto, o nelle versioni più pietose, qualcosa di analogo al temuto e disprezzato californiano. Erano indispettiti dall'animo dei cileni che, sottomessi nel loro paese, cessano di esserlo all'estero, quand'anche si trovino con una pistola puntata sul petto, purché possano metter mano al pugnale. Il cileno d'altra parte odiava lo yankee che qualificava a ogni momento di vigliacco, e questo mutuo malanimo spiega i fatti di sangue e le atrocità a cui continuamente ci trovavamo ad assistere nel paese dell'oro e delle speranze».
Quelle condizioni iniziali che non facevano che scatenare odii, per fortuna più tardi cambiarono. Ma finché durarono, la società dei galgos o dei cani da presa, come pure si chiamava, non potendo far nulla contro gli accampamenti dell'interno, assalì a tradimento il quartiere cileno di San Francisco.
II giornale «Alta California» riferì con pochi particolari la notizia degli attentati commessi fra il 15 e il 16 luglio 1849, in particolare contro i cileni abitanti nel quartiere di Chilecito, e il processo che ne segui ai nordamericani che li commisero. Anche i giornali di qui riportarono la notizia, così presentata con titoli vistosi:
I cileni e altri stranieri abitanti a San Francisco attaccati da una banda di americani armati. - Allarme generale. - Assemblea dei cittadini. - Formazione di un corpo civico armato. – in prigione i perturbatori dell'ordine pubblico. Il giudizio e la sentenza.
«Lunedì 16 luglio ultimo scorso San Francisco fu teatro di una di quelle scene di commozione generale che disgraziatamente da qualche tempo a questa parte si può dire siano periodiche in questa città. Ne è stata la causa un attacco compiuto la notte scorsa da una numerosa banda di americani armati contro le tende di alcuni cileni, situate in punti diversi della città. Tali tende furono abbattute e distrutte, si saccheggiò e si rese inservibile quanto vi era in esse, e i loro abitanti percossi, fatti segno a colpi d'arma da fuoco e maltrattati in mille modi. Gli spari ferirono gravemente un giovane alla mano sinistra, e hanno messo in grave pericolo la vita di un'altra persona, avendogli il proiettile attraversato l'addome. Entrambi erano stati crudelmente percossi. Gli abitanti dei paraggi raccontano i fatti in modo che spezza il cuore. I gridi di spavento delle donne e dei bambini si udivano da ogni parte, mescolati con maledizioni, bestemmie, e risate diaboliche degli sciagurati autori dell'incidente, mentre le detonazioni delle pistole e delle carabine e il rumore dei colpi inferti ai poveri inermi accrescevano orribilmente il terrore prodotto da quel gesto di vile ferocia».
Continua di questo passo il racconto del giornale «Alta California», che poi potè essere ampliato con altre informazioni autorizzate.
I cileni, ripresisi, si difesero senza badare al numero molto maggiore degli aggressori. Persino le donne e i bambini presero a lanciare una pioggia di pietre contro gli assalitori. Alcuni pagarono cara la loro audacia. Un cileno, una persona rispettabile, a quanto racconta Pérez Rosales, non potendo fuggire dalla porta della sua bottega, occupata da vari galgos che lo attaccavano, abbattè con una pistolettata il primo che gli si avvicinò e, tagliato con un pugnale il telo della tenda, riuscì a scappare per quella porta improvvisata, ed ebbe la fortuna di raggiungere illeso i suoi compagni.
Non mancano nel quadro note di altro ordine; si riferisce che il famoso Mister Branam, ex mormone, indignato da ciò che vedeva, salì sul tetto della sua casa e gettando alti gridi per richiamare la gente a riunirsi, dichiarò: «che era tempo ormai di dare una lezione per i gesti così inauditi che si compivano contro i figli di un paese amico che ogni giorno mandava a San Francisco, con la migliore farina, le migliori braccia del mondo nel tagliare mattoni!» «Propongo, — aggiunse, — per rendere giù completa la riparazione, che persone di buona volontà, guidate da cittadini degli Stati Uniti, vadano immediatamente a arrestare i perturbatori dell'ordine! »
Un urrà generale risuonò nella valle del Chilecito e in poco tempo diciotto banditi, tirati fuori a viva forza dai loro nascondigli, furono portati in arresto a bordo della corvetta Warren, della squadra americana.
Secondo lo stesso giornale che dava l'informazione, l'associazione dei galgos era sorta a San Francisco fin dal mese di febbraio ed era una banda di gente spietata che prosperava grazie all'impunità, scegliendo le sue vittime soprattutto fra i cileni.
« Andarono avanti così senza provocare molto allarme, finché in una delle loro uscite per saccheggiare la proprietà di uno straniero, questi uccise con un colpo d'arma uno della banda». «I galgos indispettiti che uno straniero osasse usare la forza in difesa della sua proprietà e dell'onore della sua famiglia, il giorno seguente si riunirono, gli confiscarono tutti i beni e vendettero al migliore offerente la sua tenda e quanto conteneva, senza che il poveretto potesse più opporgli la minima resistenza. Dopo questa impresa, crebbe il numero e la temerarietà di quei malvagi che, avendo cambiato il loro nome di quello di "Regolatori", si presentarono nelle pubbliche vie la sera di domenica 15 luglio, con bandiera spiegata, piffero e tamburo, facendo vanto della loro assoluta mancanza di rispetto della santità del giorno e dei diritti di tutti i cittadini.
Senza dubbio, facendosi forti del fatto che conoscevano bene il trattamento riservato solitamente nelle miniere verso gli stranieri, si diedero in piena sicurezza a tutti i disordini dei quali si resero colpevoli la notte di quel giorno ».
Tutto ciò è rigorosamente testuale, preso da «Alta California» del 2 agosto 1849, che riporta anche i nomi dei diciotto banditi nordamericani presi in quella circostanza, e il cui capo o capitano era Samuel Roberts, e aveva per aiutanti Theodore Sannders e John Curley.
Si tenga conto di questa circostanza per quanto più avanti ci si dovrà riferire a Joaquín Murieta e alla sua banda, che furono molto lontani dall'essere come vengono solitamente presentati.
E poiché conviene documentare da fonte nordamericana tutta la quantità di dati possibili, faremo qui altre due citazioni importanti.
Nel volume The beginnings of San Francesco [Gli inizi di San Francisco] di Zaeth Skinner Eldredge, pubblicato in quella stessa città non molto tempo fa, nel 1912, può leggersi ciò che traduciamo:
« Se le condizioni fisiche nel 1849 erano cattive, quelle sociali erano un po' peggiori. La città era piena di giocatori, ladri e accoltellatori venuti da ogni angolo del globo. La società era inesistente. Ogni uomo si fabbricava una legge e dovunque regnava il disordine. Una organizzazione composta della feccia del disciolto reggimento di volontari di New York, mescolati con banditi australiani e con la crema della plebe cittadina, sfilava per le vie con tamburi, flauti e bandiere al vento. Si autonominavano Cani da presa o Regolatori; e col pretesto di vigilare per la sicurezza pubblica, si intromettevano in tutto e commettevano ogni sorta di azioni oltraggiami. Fidando nella forza del loro numero e delle loro armi esigevano contributi dai commercianti per mantenere l'organizzazione.
Il culmine del loro potere fu quando, la notte del 15 luglio 1849, attaccarono in massa il quartiere cileno, ai piedi di Telegraph Hill, rubando, percotendone e ferendone gravemente gli abitanti e distruggendone case e baracche» (vol.II, p.598).
Ad ogni modo, con l'antecedente del crimine del 15 luglio 1849, non c'è da sorprendersi che in una società così costituita si verificassero delle rappresaglie. E tre giorni dopo il giornale yankee di San Francisco ne faceva un allarmante racconto sotto questi titoli: Sangue nordamericano sparso dagli infami cileni nei giacimenti! All'erta, concittadini!
Questa volta erano dei cileni col pugnale alla cintura che le avevano sonate ai galgos delle miniere.
Il giorno dopo l'agitazione era al massimo; nella notte correva voce a San Francisco che non solo erano stati cacciati con la forza i cileni dalle parti di San Joaquín, ma che un'altra banda di galgos, eccitata dal furto e dalla vendetta, si dirigeva contro gli altri cileni che lavoravano negli affluenti del fiume Americano.
Racconta Vicente Pérez Rosales che egli si trovava a San Francisco in quei frangenti, e i suoi fratelli a El Molino, la famosa proprietà di Sutter, in cui per la prima volta si era scoperto l'oro, e che si chiamava El Molino benché fosse una segheria.
Nella disperazione degli animi per la situazione, egli volle andare dove si trovavano i suoi poveri fratelli per condividere con loro la sventura. E senza pensarci su, salì in una barca, vogando notte e giorno per arrivare a Sacramento, col cuore pieno di ansia. E lì trovò i fratelli che erano arrivati il giorno prima, spogliati di quanto avevano, ma illesi.
«Arrivare, vederli, contarli e cadere svenuto dall'emozione fu tutt'uno! — esclama. — Bisogna essersi trovati nella mia situazione per capire. La disperazione, il dispetto, forse lo spirito di vendetta avrebbero seguitato a dare al mio corpo infermo la forza e il vigore che ora la pienezza della felicità mi tolse!...
In effetti, stavano bene e sani e salvi; e nessuno mancava al conto; che altro potevamo desiderare? Gli yankees non avevano dovuto far molta violenza per cacciare gli intrusi cileni dal Molino. Furono derubati e spogliati di quanto avevano, è vero; ma a questo in California non ci si faceva troppo caso.
Gli altri compagni si erano dispersi. Quella stessa notte formammo un comitato per decidere che cosa da ora in poi dovevamo fare. Nessuno propose il ritorno in Cile; si adottò anzi all'unanimità la decisione di tornare a lottare di nuovo contro l'avversa sorte, modificando il sistema di attacco, fino a domarla ».
Sfortunatamente più tardi piovvero altre rappresaglie come la maggior parte dei cileni si aspettava.
In California invece, a quanto pare non v'era alcun bisogno di una protezione del genere... «L'Eco del Pacifico» pubblicava infatti la lettera di un cileno datata Jamestown, 19 aprile 1856, che comincia così;
«Orribile carneficina! — diciassette cileni e tre messicani uccisi! Nei numeri precedenti abbiamo dato ai nostri lettori la funesta notizia della spietata uccisione di cileni compiuta dalla plebe sfrenata di Courtelville. La notizia la riprendevamo da un quotidiano americano di Slasta, che riferiva i fatti, non senza una certa pretesa di giustificare quei crimini orrendi, o quanto meno manifestando una fredda indifferenza verso quei procedimenti degni solo della più inaudita barbarie.
Un rispettabile cileno di Jamestown ci scrive in data 19 aprile, indicandoci l'origine di tali assassini e fornendoci ulteriori particolari».
Nella notte del 15 aprile un cileno aveva ucciso un fannullone di nome Conley, che aveva cercato di farlo linciare, e partecipato al linciaggio di un altro cileno... Il cileno si era rivolto al sindaco, e il sindaco aveva risposto che non poteva far nulla; questo provocò la morte di Conley, e la fuga dell'aggressore.
« II giorno dopo - dice la lettera — non uscirono per inseguirlo, ma si riunirono in trenta o quaranta fannulloni per perseguitare degli infelici che non avevano avuto nessuna parte nell'accaduto, e che non lo sapevano nemmeno. Per prima cosa andarono alla tenda da campo di alcuni cileni che stavano a circa un miglio dal paese, e ne presero quattro che vivevano assieme; e col pretesto che il sindaco aveva bisogno di loro per una dichiarazione li fecero mettere di fianco alla strada, in fila, per assassinarli; uno di essi, di nome Ovalle, chiese loro per quale motivo li si uccideva; che se lui era un criminale, lo portassero dal giudice e lì lo si giudicasse; quelli della spedizione si misero d'accordo e decisero di perdonarlo, ma che si doveva bendare la vista per non veder morire i suoi compagni. Lui disse che non si lasciava bendare, che se volevano assassinarlo, gli sparassero lì. Allora due di quegli antropofaghi lo presero e lo portarono lontano un mezzo quarto di miglio, e in quel momento sentì gli spari e gli urli dei moribondi. Poi lo portarono sul luogo del misfatto e gli dissero che andasse via da quell'accampamento e non dicesse nulla di ciò che aveva visto o lo avrebbero ammazzato dovunque lo avessero incontrato, se gli fosse uscito qualcosa di bocca. Se ne andò immediatamente, ma non senza vedere due dei suoi compagni già morti e l'altro inseguito a fucilate. Questi scappò ferito da una pallottola e andò a farsi soccorrere al mercato, dove si imbattè negli stessi assassini che lo impiccarono subito, lasciandolo alla vista per oltre 24 ore, finché per carità dei negretti americani, dall'anima più bianca dei loro padroni, gli diedero sepoltura. Ma il dramma non finì lì; anzi continuarono con ancora più accanimento contro quelli che stavano a Banderitas; poi ne portarono altri due col pretesto del giudice e lungo la strada fecero la stessa fine degli altri tre. Qui sono arrivati altri, successivamente espulsi da quel territorio, e mi dicono che nel punto denominato il Cajon ne son morti altri otto, e non hanno omesso di spogliarli e derubarli di quanto possedevano. Finora si contavano diciassette cileni e tre messicani assassinati ».
Questa lettera pubblicata dall'«Eco del Pacifico» fu riprodotta dal «Mercurio» del 24 giugno e dal «Ferrocarril» del 3 giugno 1856.
Pochi giorni dopo, nella sessione del 12, si cominciava a discutere alla Camera un nuovo trattato di amicizia, commercio e navigazione fra Cile e Stati Uniti, che l'Esecutivo sottometteva all'approvazione del Congresso; e prima di passare all'ordine del giorno vi fu il seguente incidente:
« SIGNOR IRISARRI Desidererei che il signor ministro delle Relazioni desse delle spiegazioni sugli assassini di diciassette cittadini cileni commessi in California. La stampa di quel paese, così come quella nazionale, ha dato conto al pubblico di quello scandaloso avvenimento, che disgraziatamente si è ripetuto lì con troppa frequenza.
SIGNOR MINISTRO DELLE RELAZIONI ESTERE I fatti ultimamente accaduti in California, ai quali si riferisce il signor deputato, hanno attirato seriamente l'attenzione del governo; ha avuto un vero interessamento a informarsi di tutte le circostanze e i particolari per valutarli debitamente e nel loro carattere reale, ma le notizie fino ad oggi pervenute non sono state sufficienti. Non si può da esse giudicare se tali fatti debbano essere imputati alle autorità della California o se sono conseguenze della situazione transitoria in cui si trova quello Stato. Ho ritenuto dunque necessari nuovi dati e che il console ivi residente informi dettagliatamente su quei fatti per prendere conseguentemente le misure opportune e che la gravità del caso richiede. Attendere nuove informazioni è indispensabile per procedere con la necessaria cautela; ma purtroppo la distanza da quel paese non permetterà che le si abbia così presto come si potrebbe desiderare. Se esse daranno materia per presentare qualche reclamo, non dubito che il Governo degli Stati Uniti farà ciò a cui è tenuto e che farà giustizia» (sessione del 12 luglio 1856).
Un po' più tardi nella sessione del 2 settembre, nel discutere sul trattato di amicizia, commercio e navigazione fra Cile e Stati Uniti, vi furono queste altre osservazioni:
«SIGNOR IRISARRI Io chiederei alla Camera che si rinviasse l'approvazione di questo trattato finché non ci saranno pervenute dal Gabinetto degli Stati Uniti quelle soddisfazioni e risposte dovute per i fatti occorsi in California.
SIGNOR VARAS Non trovo ragione o fondamento sufficiente perché la Camera rinvii la valutazione del trattato con gli Stati Uniti d'America finché non ci siano state date risposte e spiegazioni per gli avvenimenti dei quali parla il signor deputato. E perché dare una dimostrazione di sfiducia con il passo che si propone? Io confido che il Governo degli Stati Uniti si esprimerà su questa questione nella stessa maniera amichevole che ha manifestato in altre occasioni.
SIGNOR IRISARRI Può darsi che questi trattati siano convenienti per il Cile: ma quando io ho chiesto alla Camera che si rinviasse la loro discussione o approvazione, l'ho fatto perché, nonostante tutto quello che si dice che il Governo degli Stati Uniti ha per noi benevolenza, amicizia e buona disposizione, non si può dare a ciò pieno credito. Ho visto il Governo degli Stati Uniti rinviare le nostre questioni e nel caso presente ne vedo conseguenze gravissime. Non posso dire al signor ministro se vi è materia per compiere questa riparazione, ma intanto i cileni sono stati assassinati e derubati, senza che il Governo degli Stati Uniti abbia fatto tutto quello che era in suo potere per punire i rei.
SIGNOR VARAS I fatti ai quali si è riferito il signor deputato sono stati oggetto di note del Governo alla California per ottenere notizie particolareggiate e precedenti. Il trattato fissa un termine per la sua ratificazione e scambio; un rinvio importerebbe la mancata celebrazione del trattato».
Dal libro I Cileni in California, di Roberto Hemandez, Valparaiso 1930.
SPLENDORE E MORTE DI JOAQUÍN MURIETA
Antecedente di Pablo Neruda
Dai « Viaggi di Vicuña Mackenna »
Prefazione
Ringraziamento e avvertenze
SPLENDORE E MORTE DI JOAQUÍN MURIETA
Attori
Prologo
Quadro primo Porto di Valparaíso. La partenza
Quadro secondo La traversata e le nozze
Quadro terzo El fandango
Quadro quarto I Lupi e la morte di Teresa
Quadro quinto Splendore di Joaquín
Quadro sesto Morte di Murieta
Appendice